L’Amministrazione comunale e tutti i partiti politici, impegnati nella campagna elettorale, hanno snobbato l’85° anniversario della posa della prima pietra
L’anniversario della Fondazione dimenticato
Attilio Bello nato nel borgo di Pratica di Mare da una famiglia storica del territorio, è stato più volte consigliere comunale e sindaco di Pomezia. Incarichi amministrativi sempre assolti con grande impegno e passione. Attivo ed impegnato nel gemellaggio con Singen è un punto di riferimento per i nostri amici tedeschi con cui collabora ad organizzare gli scambi culturali tra le scuole, i rapporti tra associazioni e con le istituzioni. Collabora anche con l’ambasciata tedesca a Roma per le manifestazioni al cimitero di guerra tedesco di Pomezia. In occasione dell’85mo anniversario della fondazione di Pomezia ci ha inviato le seguenti osservazioni:
“In un mondo che guarda tutto ai problemi degli immigrati sulle coste europee e alla aggressione dell’Ucraina da parte della Russia, con i problemi della pace persino più difficili di quelli della guerra - il nostro 25 aprile - 85° anno del ricordo della fondazione di Pomezia è stato vissuto in città come un evento remoto e solitario, come se non appartenesse ai nostri ideali, alla nostra coscienza, alla nostra stessa attualità.
Tutte le forze politiche erano e sono tuttora affaccendate alla preparazione delle liste elettorali e alla campagna elettorale, in vista delle elezioni amministrative del 14 e 15 maggio. A tutt’oggi sono cinque i candidati a Sindaco della città. Tre donne e due uomini e oltre 200 candidati consiglieri comunali.
In questo periodo tutta la cittadinanza è stata così presa e affaccendata nel presente, che la storia e l’identità del nostro 85° della fondazione, è finita sul solo depliant programmatico della corale cittadina “Nisi Vox” diretta dal maestro Roberto Bonfè, che si è esibita brillantemente nella serata, all’interno della chiesa parrocchiale di San Benedetto Abate, patrono del territorio comunale, e nel piccolo accenno storico sentito durante la manifestazione tenuta dall’ANPI per la festa della Liberazione. Nessuna iniziativa da parte della Amministrazione Comunale, limitatasi soltanto ad inviare una lettera del Commissario Prefettizio il giorno 24 aprile alle autorità, ai dirigenti comunali e scolastici e alle associazioni della consulta. Ma niente alla cittadinanza che si è sentita espropriata, per la prima volta di un evento storico a cui ha sempre tenuto tanto. Tutto ciò ha avuto un sentore di lontananza, come se lo avesse disperso, per paradosso, il vento stesso della Storia; quasi che quella data del 25 aprile del 1938, non avesse partecipato a segnare la nascita della nostra identità di città, e non ci fosse più bisogno di un sentimento, alto e comune, per farci riconoscere nel corso rinnovato della storia, fondata sull’eredità di prove, sofferte e superate, dove potersi tutti ritrovare in un sentimento di appartenenza comune.
I partiti politici locali hanno snobbato anche l’anniversario della liberazione, tutti intenti ad affinare le strategie per la campagna elettorale e a interloquire con i portatori di voti elettorali. Anche a chi scrive è stata da più parti avanzata la richiesta ipotetica di ricandidatura elettorale a consigliere comunale. Ma a loro è stata espressa la volontà che non ha nessun proposito di “tornare” in quegli uffici che ha lasciato un giorno di ormai vari anni fa, anche come sindaco, e con un groppo alla gola. Ora ci devono essere, e ci saranno persone nuove. Persone che speriamo abbiano a cuore Pomezia e non se stesse. Le ragioni, ad osservare e sentire quanto dicono i candidati a sindaco, sono sostanzialmente tre. Sfatare il mito della ingovernabilità di Pomezia “il sottoscritto, che scrive, non ci ha mai creduto”. Riscoprire una esperienza amministrativa “per un dovere nei confronti della nostra memoria collettiva e di quanto realizzato in passato per la città”. E infine, o soprattutto, il motivo politicamente più rilevante destinato al “nuovo ceto politico di prossima elezione al quale guarderà con rispetto tutta la città.” Uno dei difetti che chi scrive e la popolazione intera non sopporterà di loro, ma che affiora nella campagna elettorale in corso, è “l’idea dei nuovi potenti, di essere sempre l’anno zero di ogni cosa, di dover dimostrare che prima del loro arrivo tutto era un disastro” L’anno zero, il mantra ripetuto all’infinito che sfoderano tutti i candidati al Consiglio Comunale in questi giorni. “Perché è scomodo e difficile accettare onestamente il contrario e parametrarsi al meglio che è stato fatto nel passato. Così nascono le famose fake news che ogni giorno vediamo sui nostri telefonini sulle politiche del bilancio, sul termovalorizzatore di Santa Palomba, sulle politiche urbanistiche e dei lavori pubblici del territorio, la riqualificazione delle periferie corrose dal degrado, con particolare attenzione a Torvaianica sui problemi dei giovani e della cultura e via dicendo… Tra i temi assenti della discussione emerge la cultura, quasi che questa non figurasse come un potente agente di ricucitura della città, e per Pomezia è il più forte traino di crescita della cultura diffusa, del lavoro, dell’economia urbana. E naturalmente tantissimo altro non riscontrabile nei programmi presentati dai tanti candidati. Altro problema assente è il rapporto con l’Europa e nessun accenno ai tre rapporti di gemellaggio che la città nel tempo a stabilito principalmente con Singen città tedesca sul lago di Costanza. Quando si sente dire in giro che Pomezia è una “città ingovernabile” personalmente, chi scrive, non ci ho mai creduto. E’ una città di fondazione nell’ambito della città metropolitana di Roma con 61.500 abitanti su una superfice di 87 Km. quadrati all’interno della quale sorge l’antica città di Lavinium celebrata da Virgilio nel suo capolavoro l’Eneide. Città che con la Cassa del Mezzogiorno era diventata il centro industriale più importante del centro e sud d’Italia. Per chi scrive, che l’ha governata da sindaco, è ancora una città molto bella, unica nel suo genere. Certamente per le ragioni che ciascuno, chiudendo gli occhi, può desumere dalla propria memoria della bellezza antica (la zona archeologica) e moderna (il centro storico) della città. Ma, si sfida lo stereotipo, lo è in primo luogo per la meraviglia della sua gente. C’è in chi scrive, una orgogliosa fiducia nel valore della politica per non pensare che una comunità “sente” se è parte di un progetto generale che la riguarda, che la coinvolge, che la fa essere protagonista. I candidati che verranno eletti devono convincersi che Pomezia è un corpo vivo, non un insieme di mattoni ed asfalto, non una identità amorfa e fredda. I cinque candidati alla carica di primo cittadino devono pensare che fare il sindaco a Pomezia è uno dei lavori più fantastici e infernali che, chi ha passione civile, possa svolgere. Governa una delle città più importanti del Lazio ma ogni problema, anche il più piccolo, li riguarda. Ovunque essi vadano, bar o quartiere o spiaggia, qualcuno ha qualcosa da segnalare o da chiedere. Quando per qualche anno lo si è fatto, si è capito come sia faticoso svolgere il compito serenamente e senza l’assillo continuo di problemi che vorresti risolvere ma non puoi. Dei giorni, non si ha vergogna a ricordarlo, si piangeva dalla fatica. Quando la sera, scoprivi di avere ancora alcune cose da fare e che le prime ore di riposo le avresti avute dopo settimane, sentivi che non era scontato farcela. E anche il corpo fisicamente reagiva in modo non naturale. Ma bisognava resistere. Niente di eroico, sia chiaro. Ma siccome parte della cittadinanza è convinta che il potere corrisponde a privilegi e che chi fa politica in realtà si giri i pollici a ritmo regolare, verrebbe voglia di invocare la testimonianza dei cronisti dei giornali locali, in particolare il Pontino Nuovo, o dello scrittore Antonio Sessa che hanno sempre seguito le azioni dei Consigli Comunali, ma in particolare dei sindaci, da almeno 40 anni a questa parte. E’ piacevole ricordare come il prof. Sessa nei suoi resoconti durante il periodo svolto da sindaco di chi scrive soleva sottolineare che lo stesso svolgeva con passione e competenza la funzione definita non a caso, in modo corretto e poetico, di “primo cittadino”. T.S.