Spettacolo del Piccolo Palcoscenico con l’attrice Grazia D’Anzi
Prevenzione del suicidio
Forse non tutti lo sanno, o lo ricordano, ma il 10 settembre è (ed è stata) la Giornata Mondiale per la Prevenzione del Suicidio. Tema difficile da toccare e trattare, su cui tuttavia urge una campagna di informazione e sensibilizzazione. Sono ormai vent’anni che l’OMS e la Federazione Mondiale per la Salute Mentale, insieme con molte altre associazioni internazionali e nazionali, promuovono la più profonda consapevolezza che è necessario trovare un equilibrio psico-fisico e psico-sociale. Localmente, in occasione di questa giornata, noi abbiamo voluto intervistare Grazia D’Anzi, attrice del Piccolo Palcoscenio di Pomezia che lo scorso 3 agosto ha dato corpo e voce al monologo di Cold Light - incentrato proprio sulla psicosi di una donna di mezza età che tragicamente propende per la dolorsa scelta di impiccarsi e togliersi la vita.
Lo spettacolo, che si è tenuto presso il Museo Lavinium, contiene numerosi spunti legati anche alla recente cultura della riabilitazione psichica e, sia per il testo, che per la tragicità - così coerente con il teatro greco delle origini - è l’oggetto delle domande che abbiamo rivolto a Grazia D’Anzi.
- Grazia, abbiamo visto che Cold Light è una pièce tormentata, un monologo in cui follia e lucidità si alternano in modo rapsodico. Puoi raccontarci qualcosa di come lo hai vissuto? Non deve essere stato facile.
“Prima di risponderti devo fare una premessa. Come saprai non sono un’attrice professionista. Sono entrata in punta di piedi nella compagnia del Piccolo Palcoscenico a fine 2016. Ho capito immediatamente che non era un gioco e che non bastava aver passione per il teatro. Piccolo Palcoscenico è dedizione, costanza e umiltà. Dico umiltà perchè non sempre sali in prima persona sul palcoscenico. Spesso sono stata dietro le quinte nel ruolo di suggeritrice, che ho amato fin da subito perché entri in empatia con gli attori, capisci i loro punti deboli, vivi lo spettacolo da altre angolazioni. In altre occasioni ho accolto il pubblico all’entrata osservando i loro volti curiosi di vedere lo spettacolo, l’emozione dell’attesa. Il lavoro che c’è dietro le quinte a mio avviso è la parte più bella, la preparazione, la ricerca dei costumi di scena. Per tornare alla tua domanda, Cold Light è indubbiamente lo spettacolo che mi ha messo alla prova più di altri. Un salto nel buio. Vediamo un po’. Cosa ho provato? Ho sofferto con lei, pianto, anche dietro le quinte, persino a casa... ho riso. A volte istericamente. Era come se avessi voluto salvarla, ero arrabbiata con lei. Immagino che la rabbia fosse legata al fatto che non comprendevo e non comprendo tuttora, fino in fondo, la scelta di buttare via tutto. “Vivi!”, le dicevo. La follia, la depressione sono argomenti che mi toccano molto da vicino. Ho conosciuto donne in questo stato, da parte mia provo solo un grande rispetto per il loro dolore. Interpretare Cold Light, ed incarnare la donna che, dopo un cocktail di farmaci si toglie la vita (non prima di aver esternato le brutture del mondo con disarmante freddezza) è stato come urlare anche per loro, al pubblico, il loro dolore. Ahimé, si tratta spesso di un urlo silenzioso che non sentiamo o che non vogliamo sentire. Cold Light è stato impegnativo e faticosissimo ma non smetterò mai di ringraziare Marco Fiorani, il regista, e Pino Mariani, direttore artistico, per aver riposto in me tanta fiducia e per il loro tempo dedicato a me. Gli dovevo la riuscita dello spettacolo”.
- Interpretare la protagonista psicotica di Cold Light è stato quindi molto intenso. Il regista ha fatto una scelta interessante, quella di chiamare sul palco la tua gemella per dare l’idea di un doppio, di una conflittualità amletica: vivere o morire? Questo ha forse moltiplicato l’emozione...
“Io e mia sorella siamo molto simili, fisicamente, ci sono persone che ci confondono ancora. Il tema del doppio e dello specchio è una costante della mia vita, un fatto identitario. Sicuramente mia sorella ha contribuito a uno dei momenti più toccanti di questo spettacolo e colgo l’occasione per ringraziarla pubblicamente. In quella scena eravamo un solo corpo, due possibilità. Davanti al bivio dell’essere o del non essere, la protagonista di Cold Light finisce per abbracciare la morte. Ma noi abbiamo voluto rendere questa scelta ancora più straziante, tramite la presenza di un alter ego somigliante che le tende la mano, che empatizza con lei, che le porge uno spiraglio, l’ultimo, infine rifiutato.
È una scena che prende alle viscere. Sicuramente Cold Light è uno spettacolo che va replicato e so che il Piccolo Palcoscenico lo riproporrà nei prossimi mesi, insieme con una più nutrita serie di monologhi!”.
Marta Mariani
Il sodalizio che si batte contro le barriere architettoniche
Associazione Vialibera
Una delle convinzioni fondamentali che condusse a creare l’Associazione Nazionale Vialibera fu quella di lavorare affinché questo mondo fosse libero da qualunque barriera architettonica e non solo. Nel 2007, quindi, ci attivammo affinché questo problema non fosse affrontato solo attraverso una vaga azione di sensibilizzazione e informazione ma anche e soprattutto coinvolgendo nella soluzione le istituzioni pubbliche. Fu così che si arrivò presto ad offrire la nostra collaborazione concreta all’istituzione che a quel tempo per noi era la più facile da raggiungere: il Comune di Pomezia.
Devo onestamente ammettere che non fu difficile far capire la gravità del problema e la grande opportunità di unire le forze. Da una parte l’Associazione, col suo bagaglio di risorse culturali ed esperienze anche personali, dall’altra il Comune con le sue competenze amministrative e il suo potere politico. Proponemmo la creazione di un “tavolo di lavoro”, con rappresentanti di entrambi le parti, con lo scopo di mettere a punto una strategia comune sul piano politico-amministrativo e tecnico.
La nostra proposta fu accolta e il “tavolo” partì immediatamente. Apparve subito chiaro che tutto dovesse fondarsi su una solida base di conoscenza dei dati del problema. In altre parole, ci ponemmo l’obiettivo di approfondire il tema dal punto di vista tecnico e culturale affinché gli attori del “tavolo”, e l’intera Amministrazione Comunale, fossero tutti consapevoli di ciò che si andava a progettare e decidere.
Decisi di chiamare al telefono il compianto amico Fabrizio Vescovo, architetto, anche lui disabile, docente universitario e insostituibile collaboratore del Ministero dei Lavori Pubblici, della Regione Lazio e di tutte le commissioni pubbliche in cui si affrontava il tema complesso delle barriere architettoniche.
Egli, in questo campo, fu e rimane una pietra miliare nella storia della nostra Italia che oggi può vantare la legislazione più avanzata del mondo in tema di barriere architettoniche anche se – è vero – è ancora tra quelle maggiormente disattese. Decidemmo insieme di proporre al Comune di Pomezia, nell’ambito del costituito “tavolo di lavoro”, la realizzazione di un corso specializzato sulle barriere architettoniche indirizzato a tutti i dirigenti del Comune. La proposta fu accettata e il corso, tenuto personalmente dall’arch. Fabrizio Vescovo, si protrasse per oltre un mese con grande profitto e soddisfazione dei dirigenti e dei tecnici comunali che lo seguirono. Finalmente tutto era pronto per avviare il progetto che doveva svolgersi su due direttrici principali. La prima era quella di evitare di creare nuove barriere architettoniche nella città e la seconda quella di eliminare gradualmente tutte quelle esistenti. I primi frutti del “tavolo di lavoro” si videro con la realizzazione di alcuni progetti che furono dati in appalto da lì a poco. Si trattava della costruzione di alcuni nuovi marciapiedi a Torvaianica e a Martin Pescatore.
All’impresa costruttrice furono impartite disposizioni tecniche molto rigide secondo i principi e le regole illustrate ai dirigenti e ai tecnici comunali nel corso delle lezioni tenute dal Prof. Arch. Fabrizio Vescovo. I lavori partirono e i controlli furono severissimi al punto che il Settore LL.PP. del Comune fu talmente inflessibile che fece demolire e ricostruire – senza alcun aggravio di spesa per l’Ente - alcune parti appena realizzate perché non conformi alle leggi vigenti. Potrei citare ancora altri lavori su Via Castelli Romani e altrove, tutti realizzati a regola d’arte e tutti frutto della collaborazione Vialibera-Comune.
Le vicende personali di chi scrive, fondatore e presidente di Vialibera, determinarono poi un rallentamento delle attività dell’Associazione che è rimasta a lungo silente. Oggi Vialibera, in regola con gli adempimenti alla legge di riforma del Terzo Settore del 2017, ha assunto l’acronimo di A.P.S. e si è dotata di uno statuto che vede un forte ampliamento dei suoi obiettivi statutari. In questo piano di forte rilancio dell’Associazione, che ambisce ad una presenza significativa a livello nazionale, intendiamo riprendere il lavoro dove era stato interrotto. La collaborazione costante col Comune di Pomezia è uno dei nostri obiettivi primari, anche in onore al fatto che la nostra Associazione, che ormai può definirsi storica, ha la sede legale in questa Città che noi tutti amiamo e che vorremmo più bella, più inclusiva, più agevole e confortevole per tutte le persone, nessuno escluso.
Giampiero Castriciano
Presidente Ass.ne Vialibera APS