SIMPOSIO
DAL MONDO PER IL MONDO
Il nostro nuovo quaderno è pronto! ITALIA POESIA CHIAMA è un ascolto di voci nuove, un progetto nato dalla necessità di uscire dai piccoli confini della nostra casa, per guardare cosa c’è oltre, per scoprire l’altro. Un’esigenza, che sentivamo urgente, per approfondire il nostro pensiero ed iniziare un dialogo aperto alla poesia, intesa come mezzo di comunicazione capace di cercare il valore profondo delle cose e la loro bellezza. Poesia come modo di essere, di guardare e di ascoltare realtà diverse, come ricerca della possibilità di una comunicazione universale, nel segno significante di linguaggi differenti.
Il “Simposio” e gli amici di Firenze della “Camerata dei Poeti” e “Giglio blu”, in una collaborazione che unisce pensiero e territorio, visione e ricerca di apertura al mondo, danno vita al nuovo quaderno di Corrispondenze letterarie dal Mondo.
Giuliana
ITALIA POESIA CHIAMA
In questo numero hanno collaborato:
Presentazione di Ivana Moser;
Sergio Bedeschi - Omar Khayyam, il matematico che amava la vita;
Giuliana Bianchi Caleri - Fatjon Lami, con l’Albania nella mente… e nel cuore;
Ivana d’Amore - Forugh Farrokhzad, isolata voce di donna del dissenso in Iran;
Silvia D’Augello - Guillaume de Machaut, Musica e poesia;
Alessandro Evangelisti - Louise Glück, L’intimità del verso;
Sergio Fumi - Nikos Kazantzakis, L’“Odissea” continua;
Alfonso Marino - Margarita Gamboa, Una voce dalla Colombia;
Shoer - Khalil Gibran, Canto di dolore per la natura abbandonata;
Maria Grazia Vasta - "Ofelia" da Shakespeare a Millais e Rimbaud.
DONARE LA VOCE
Per far immaginare
le più belle storie
di Eros Zecchini
Ho deciso 18 anni fa di aderire al Centro Internazionale del Libro Parlato A. Sernagiotto di Feltre BL, con il preciso intento di aiutare a leggere chi non può riuscire a farlo autonomamente.
All'inizio la lettura ad alta voce mi serviva anche per migliorare la qualità della corretta pronuncia della lingua italiana; poi ho capito che serviva un'interpretazione sempre più attenta dei testi che andavo a registrare.
Quindi, seppur occasionalmente (avrò registrato una sessantina di opere, alcune tratte da autori di successo internazionale, che hanno venduto milioni di copie), mi sono reso conto che il donare la voce faceva molto bene anche a me, oltre ai fruitori finali del servizio reso dal Cilp di Feltre. Mi rendeva partecipe del racconto che andavo a leggere, anche in prima persona spesso, imprimendo un'interpretazione soggettiva che non mi sarei mai aspettato di avere. Credo che impiegare parte del mio tempo libero per aiutare qualcun altro, possa essere un modo per migliorare pure se stessi.
Essere volontario non deve però trasformarsi in una autoreferenzialità che ci estranei dal confronto con altre persone. Nel senso che il mio impegno non deve farmi pensare di essere già sufficientemente bravo, rispetto ad altri che pensano solo a migliorare la loro esistenza. Ognuno dovrebbe impegnarsi prima a migliorare se stesso, e poi cercare di aiutare altri, consapevole però di aver tanto da imparare.
Leggere ad alta voce audiolibri per non vedenti e ipovedenti, potrebbe far bene a tanti, ma soprattutto a se stessi.
Spero di aver ben spiegato come fare per lasciare una traccia del proprio passaggio su questa terra, senza dover essere ricordato per aver fatto del male a qualcuno.
OSSERVATORIO
LINGUISTICO
Rubrica aperta ai contributi
di tutti gli interessati
ESPRESSIONI
IDIOMATICHE/1
di Giancarlo Marchesini
Le espressioni idiomatiche sono il “sale” della lingua, costrutti conosciuti da tutti nei quali si condensano saggezza popolare, riflessioni filosofiche e metafore immediatamente comprensibili. Spesso si concretizzano in proverbi, motti o adagi.
“Tanto va la gatta al lardo…”, ad esempio, mette in guardia contro l’avidità, la voglia di esagerare, i desideri che vanno oltre i propri mezzi e la pena che necessariamente incombe su coloro che si spingono troppo avanti. Ma perché una gatta e non un gatto? Dovremmo pensare che da un punto di vista sociolinguistico si tratti di un’espressione maschilista? Le gatte, come tutti sappiamo, sono sempre “da pelare” e in più sono brutte. “Chi troppo in alto va cade sovente precipitevolissimevolmente” è un costrutto parallelo alla “gatta che va al lardo” ma neutro dal punto di vista del genere, forse coniato per dare spazio alla parola più lunga della lingua italiana. E poi perché proprio il lardo? Si può innestare un discorso sulle abitudini alimentari dei gatti (o delle gatte?) che aprirebbe il fianco alle critiche degli “inclusionisti” della lingua. (So che mi aspettano al varco e sto meditando un articoletto sulla femminizzazione delle categorie professionali, o la loro epicenizzazione, cioè la scelta di denominazioni ambigenere.)
Resta il fatto che, nel mio immaginario, il “cade sovente” si ricollega all’icona di un affarista che, in piena crisi economica si getta nel vuoto da un grattacielo di trenta piani, come accadde in America a causa del crollo della borsa del 1929. Come vedete, le espressioni idiomatiche lasciano spazio a interpretazioni personali, magari discordanti, hanno una storia linguistica e possono essere analizzate da un punto di vista sincronico e diacronico (un po’ di Saussure non guasta mai).
Nei prossimi appuntamenti con l’Osservatorio Linguistico analizzeremo più espressioni idiomatiche dal punto di vista del significato, della storia, della sociolinguistica, della diffusione, della validità, ecc. L’estensione di ogni singola “voce” sarà variabile e dipenderà effettivamente dalle associazioni di idee che l’uno o l’altro costrutto genera nel suo estensore. Non abbiamo grandi pretese perché, come ben si sa, volendo “troppo” corriamo il rischio di non “stringere” nulla (a buon intenditor…).
Appuntamento al prossimo Osservatorio.
Corro, corro. Chi davanti a me sempre lontano.
Forse irraggiungibile.
Corro, corro. Raggiungere l’obiettivo.
Chi vicino, occhi sbarrati, mi volge lo sguardo.
Inutile tentativo di richiamo.
Corro, corro. Attenzione tutta avanti.
Raggiungere la meta, guardare quel volto.
Lo sguardo attonito mi tocca accanto.
Inutile tentativo ancora.
Corro, corro senza raggiungere.
Occhi vicini si alzano su di me.
Un braccio si allunga, una mano mi tocca.
“Non correre!”
“Chi sei?”
“Il tuo prossimo."
Rodolfo Menicoccia