SIMPOSIO
Giuliana Bellorini
Coordinatrice corrispondente
del salotto sede del Simposio
UTOPIA?
All’unisono, sin dall’inizio dei nostri “liberi incontri”, sentimenti, passioni e aspirazioni ci hanno accompagnato per stare uniti e partecipare al momento di accogliere e condividere gioie e problemi che la realtà pone nelle nostre vite. Oggi più che mai, in un periodo che sa di costante incertezza, c'è bisogno di ritrovarsi insieme alla ricerca della comprensione.
Tutti, nessuno escluso, si danno da fare per interpretare come un’apocalisse annunciata, quanto sta avvenendo intorno e dentro di noi. Abbiamo paura, ma potrebbe essere proprio questo momento tragico della nostra storia a farci comprendere in cosa credere.
«[…] tutti cercano la felicità, ma ancora troppo pochi capiscono che la vera felicità sta nell'amore, anche quando esige un sacrificio...
Nella realtà in cui viviamo, di ogni epoca, è necessario prendere gli aspetti migliori, ma sono inutili le scoperte di un fallace progresso se non si applica prima la regola più semplice, alla portata di tutti, dai sapienti ai meno sapienti, dai religiosi agli atei, indipendentemente dal colore della pelle: non fare agli altri quello che non vorresti fosse fatto a te.
È la necessaria premessa per un mondo migliore.
Utopia? Sta soltanto in noi trasformarla in una nuova realtà. In caso contrario, non ci sarà mai un mondo migliore o peggiore, ieri, oggi e domani». Ettore Malosso
Giuliana
L’anima
Solo
scandagliando
l’anima,
si può
intuire
la verità
che si nasconde,
oltre
l’apparente
vita.
Pino Pieri
NO ALLA GUERRA
È per me una questione etica
di Ettore Malosso (1916-2008)
Premetto subito che non intendo assolutamente farne una questione politica; verrei meno a quanto abbiamo stabilito nei nostri propositi iniziali del “Simposio”. Quanto segue è soltanto la mia opinione.
S. Agostino sosteneva che l’uomo nasce buono e la società è all’origine della sua corruzione.
Rousseau non diceva diversamente e un po’ tutti noi lo sosteniamo.
La società siamo noi, quindi, se la pensiamo così, siamo noi che dobbiamo radicalmente cambiare. Se per natura siamo buoni, è ad essa che dobbiamo tornare: dobbiamo cioè correggere quello che col tempo è divenuto un “errore di natura”. Non si tratta di addossare colpe a persone o ad ideologie: dobbiamo ritornare alla nostra coscienza, quella che ci troviamo gratuitamente nel momento della nostra nascita.
“Troppo facile a dirsi”, questa è la conclusione sostenuta da quanto si è finora verificato. Ma è un sostegno storicistico, in base al quale “è stato sempre così e così continuerà ad essere”.
È “l’inevitabilità” che ci condanna. Perché?
L’homo erectus era migliore di noi? Dobbiamo ammettere che una certa mutazione è avvenuta e, sotto certi aspetti, senza dubbio in meglio. Ma questo “meglio” ha seminato in sé anche la corruzione che dal germoglio iniziale si è dimostrata invadente fino a dare un potente sonnifero alla nostra coscienza. Una seconda mutazione è perciò possibile. È solo necessario eliminare, sia pure gradualmente, i disastrosi effetti di questo sonno che troppo a lungo è durato.
È necessario guardare alla storia con intenti storici e non storicistici. Dobbiamo ammettere che sono stati commessi molti errori, ma questi devono portarci alla conoscenza che più si avvicina alla verità, e non all’inevitabilità. Se l’errore è il mezzo migliore, quale sperimentazione, per meglio conoscere la realtà di noi esseri umani, penso che dovrebbe essere giunto il momento di meditarci un po’ sopra e giungere individualmente, non certo con manifestazioni di massa, al risveglio della nostra coscienza, partendo dalla quale si potrà pervenire ad una “coscienza collettiva” da tutti auspicata.
Mahler con le sue misurate dissonanze alterna l’armoniosa carezza delle sue composizioni con lo strazio desolante di realtà presenti. Ma in lui c’è veramente la speranza: la speranza di un mondo migliore.
Kant, nella sua quarta Critica (perché questa è in effetti “La religione entro i limiti della sola ragione”) ci viene praticamente a dire che la religione universale è quella della nostra coscienza che può unire insieme senza distinzione di sorta popoli di colori diversi.
Cristiani credenti e non credenti dobbiamo ammettere che l’attuale nostro Papa l’ha ben capito ed attuato con il suo deciso no alla guerra e con l’inizio di un dialogo interreligioso che, forse, è l’unica via possibile oggi per arrivare dove tutti desideriamo, in considerazione che l’umanità è, in larga maggioranza, religiosa, fin dalle sue origini.
E noi, che dobbiamo fare?
Non certo rassegnarci, ma, per quanto ci è possibile, sostenere, con parole e di fatto, questa verità.
Novembre 2003
Domenica 5 novembre - ore 16.00
IL SACRIFICIO DI DIO
IN TUTTI I TEMPI
di Adriana Cosma
IMMAGINARE DIO
Dall’inizio dei tempi in ogni cultura l’uomo si è immaginato che Dio pur di poter avere una umanità su cui vegliare, si sacrifica per lui, per la sua creazione, per la sua salvezza, per donargli la conoscenza sacra. Da un lato l’uomo si sottometteva a dio e dall’altra dio si sacrifica per l’uomo. Da un lato c’è un uomo che cerca un padre divino e dall’altro c’è un dio che si sente padre e cerca i propri figli.
Il SACRIFICIO nelle religioni e nelle mitologie era una ritualità sacer facere, rendere sacro, che creava un ambito sacro da poter offrire ad un dio, cioè implicava appunto l’idea di donare un bene prezioso, pagano, che attraverso le purificazioni diveniva sacro e poteva essere offerto agli dei. Se il dono era il sacrificio di un animale si dividevano le parti fra gli officianti in una sorta di mensa sacra. Il problema che si pone è dato dal fatto che dio è il massimo ambito del sacro esistente nell’universo, dunque perché dovrebbe sacrificarsi ad una umanità pagana?
Il punto cruciale è dato dal fatto che gli dei hanno una potenzialità cosmica che chiamiamo amore universale
Dio si sacrifica perché oltre alla sua perfezione vuole creare “altro” da sè, moltiplicarsi per poter avere qualcuno da accudire in un Movimento a carattere circolare che lo completa poiché la perfezione fine a se stessa non serve e non è sufficiente a rendere la completezza di una divinità totale.
ALBERO DELLA VITA
L’esempio più generale di sacrificio di dio si trova nella Cabala ebraica, il Misticismo graficamente sintetizzato sull’albero della vita. In essa all’inizio dio era tutto ed era dappertutto ma voleva creare l’oggetto su cui riversare soddisfazione ed amore. Dunque dio si sacrifica restringendosi, creando un vuoto cosmico in cui lanciando le sue luci divine crea l’universo e la vita umana.
CRISTO
Offre il sacrificio più completo e più perfetto perché a differenza degli altri dei Egli viene offerto dal dio Padre per il tramite di Giuda ai carnefici che lo uccidono e Lui muore veramente perché era un vero uomo ed un vero dio. Ma poi resuscita riprendendo la propria divinità perfetta in un Circolo divino perfetto.
PURUSA: ESSERE UMANO
E’ il dio in India, l’uomo primordiale che si sacrifica. Per creare l’universo perde ¼ di se stesso, la sua parte immanente rimanendo solo trascendente, mentre Cristo ritorna nella sua perfezione divina pur essendosi sacrificato veramente.
IL DIO OGGI?
Oggi l’uomo si sottomette a dio in ogni chiesa, ma non percepisce più la grandezza divina persa in vuote ritualità che restano fine a loro stesse, mille cerimonie, processioni per il patrono del paese, santi, angeli ma non c’è più quella meraviglia empatica che legava l’uomo a dio. Un uomo che nel contempo ha preso coscienza dell’essere “divino” per essere frutto del sacrificio divino e dunque un uomo che gioca a fare dio come dimostrano la clonazione di altri esseri viventi, la creazione dell’intelligenza artificiale, l’uomo bionico.
Oggi siamo più divini, ma molto molto più soli, persi in un universo di cui non conosciamo nulla, ma manteniamo la presunzione di poterlo controllare.
SUL PRINCIPIO
DELLE COSE
Spazio aperto alle riflessioni di tutti
QUID MALUM
Pensieri in libertà di un
uomo qualunque
di Sergio Fumi (1929-2022)
Da dove viene il male nel mondo?
È la questione della teodicea, della dottrina della giustificazione del male nel mondo creato da Dio. Questo problema è presente già nei primordi della filosofia e ha interessato i filosofi e gli uomini di fede.
Gli epicurei e gli stoici dicevano che: o Dio vuol togliere i mali e non può, o può e non vuole, o non vuole e non può, o vuole e può. Se vuole e non può è impotente, se vuole e può è invidioso, se non vuole e non può è invidioso e impotente, se vuole e può, da che cosa deriva il male e perché non lo toglie?
Numerosi filosofi cristiani hanno cercato di risolvere il problema senza risultato. Agostino d’Ippona è quello che ha tentato per primo di risolverlo, ma la sua risposta è assurda: il male non esiste, è solo la mancanza del bene. La creazione del mondo, secondo i cristiani, è un atto di Dio e così la creazione dell’uomo.
La libertà e la giustizia
Ma creando l’uomo, Dio ha ammesso la possibilità del male cioè la possibilità della disubbidienza dell’uomo stesso. Ma l’uomo deve essere creato libero. A parte quel “deve” che limita l’onnipotenza di Dio, allora la nascita dell’uomo e la sua libertà sarebbero il male. E il fatto che già ci fosse scritta nella mente di Dio la disubbidienza dell’uomo lasciava l’uomo libero? E la creazione di una creatura perfetta, un angelo, che poi si rileva come il peggiore dei mali, il diavolo?