Inoltre il 21,3 per cento della popolazione europea supera i 65 anni.
Dunque il nostro “Vecchio Continente” è tale anche dal punto di vista demografico.
Ciò è dovuto alla riduzione della Mortalità, attribuibile sia ai progressi della Medicina e alle migliorate condizioni di vita che alla diminuzione della Natalità, dovuta questa a varie cause.
Anche se il gran numero di anziani dal punto di vista dei Sistemi Pensionistici e della Sanità per il loro finanziamento può presentare delle criticità da quello puramente umano invece consiste in una importante conquista, forse la più grande che l’Homo Sapiens sia stato capace di realizzare nella sua storia lunga di 150 mila anni.
L’immagine dell’Anziano oggi si presenta, sia per le condizioni fisiche che mentali, in modo completamente diverso da quella percepita anche nel recente passato.
Naturalmente tutto dipende dal fatto che le deficienze tipiche dell’anziano sono sempre più tenute sotto controllo dai continui progressi della Scienza Medica.
Per questo oggi la condizione dell’Anziano non deve essere vissuta come una condanna, ma come una naturale fase dell’esistenza che può addirittura offrire occasioni di nuove, anche se diverse, esperienze di vita.
Lo stesso Cicerone in una sua opera filosofica, scritta negli ultimi anni della sua vita (nel 44 a.C.), intitolata “Cato Major-De Senectute”, fa addirittura un’apologia della Terza Età, confutando le tante paure che si hanno nei suoi confronti avvalendosi di esempi ricavati dalla Storia Greca e da quella Romana.
Per quanto riguarda la nostra epoca, le argomentazioni ciceroniane appaiono confermate dalla qualità della vita di molti Anziani, anche se purtroppo non mancano casi di disabilità di un certo numero di loro attribuibili a criticità sia fisiche che mentali.
Addirittura sulle condizioni del cervello dell’Anziano è stata pubblicata recentemente sul “New England Journal of Medicine” un’interessante ricerca condotta dal Direttore della “George Washington University of Medicine”.
Secondo questa ricercale condizioni mentali di una persona anziana risultano molto più efficienti di quanto di solito sia ritenuto, in quanto a questa età l’interazione degli emisferi sinistro e destro del cervello diventa più armoniosa, con la conseguente espansione delle proprie attività creative.
Anche se il cervello dell’Anziano non è più veloce come lo era nella giovane età, tuttavia guadagna in flessibilità.
Pertanto, con l’età, siamo più propensi a prendere decisioni giuste e meno esposti a emozioni negative, per cui il picco delle capacità intellettuali umane inizia intorno ai 70 anni, quando il cervello inizia a funzionare a pieno regime.
Inoltre un individuo dopo i 60 anni è in grado di utilizzare i due emisferi contemporaneamente consentendo in tal modo di risolvere problemi molto più complessi.
A tale proposito questa ricerca elenca una serie di caratteristiche di una persona anziana: I NEURONI non muoiono come comunemente si pensa, anche se le connessioni tra loro scompaiono se non si è impegnati in un’attività mentale.
La distrazione e le eventuali dimenticanze sono attribuibili ad una sovrabbondanza di informazioni.
Dall’età di 60 anni una persona, quando prende decisioni, a differenza dei giovani, utilizza tutti e due gli emisferi del cervello.
Le conclusioni di questa ricerca sono rivoluzionarie: le capacità intellettive non diminuiscono con l’età ma addirittura crescono, raggiungendo il picco addirittura all’età di 80-90 anni.
Naturalmente ciò vale per le persone anziane non affette da patologie invalidanti e che conducono uno stile di vita sano e svolgono abitualmente attività sia fisiche che mentali.
MAURITANIA,
la memoria delle sabbie.
Nomadi sulla via
delle antiche biblioteche
del deserto.
di Valentina Gobbi
(un racconto in due puntate)
dove eravamo rimasti…
La “Nuova Chinguetti” accoglie piccoli mercati e la vivacità sociale dei suoi abitanti, tra la sabbia che ammanta ogni cosa e i colori sgargianti degli abiti delle donne, che emergono imponendosi nell’aria polverosa. Donne in fila per acquistare il caffè, minuscole botteghe che espongono mercanzie di prima necessità, i famosi datteri locali e qualche paio di jeans alla moda, carretti trainati da muli che trasportano merci e uomini, rare auto sgangherate che vagano tra le piste. Un’economia povera, in un vibrante quotidiano di antiche faccende e di solide relazioni.
Le lunghissime spedizioni che attraversavano il deserto con le loro merci da scambiare, non si vedono più e stanno piano scomparendo, sostituite da più moderni e veloci mezzi di trasporto. Si può ancora incrociare qualche piccolo convoglio, ma nulla che possa rapportarsi ad un passato, non molto lontano nel tempo, nel quale l’occhio si perdeva in file interminabile di cammelli, uomini, ancora cammelli e cammelli…
Chinguetti fungeva anche da punto di raccolta per l’annuale carovana verso la Mecca ed era un importante centro di studi islamici con edifici risalenti al XII e XIII secolo, una delle città erudite del deserto, dove convergevano personaggi colti, studiosi, filosofi e scienziati. Come Ouadane, altro importante snodo carovaniero sulla rotta transahariana, con la sua “Via dei quaranta saggi”, la strada che collegava le due moschee della città ed era abitata solo dagli intellettuali e dalle persone che portavano il rispettabile titolo di hadji “colui che ha compiuto il pellegrinaggio alla Mecca”.
Gli scalini di accesso alla biblioteca sono alti, così che la sabbia non trovi facile ingresso... la saggezza africana emerge con semplicità dalla vita popolare, costruita sulle necessità di un paese che mette costantemente a dura prova la vita quotidiana. Anche la biblioteca della Fondation Al Ahmed Mahmoud, tra le più visitate, non è di certo come noi la potremmo immaginare. Si tratta di spazi semplici, a volte angusti, costruiti utilizzando pietre o mattoni di paglia e sterco, strutture aggredibili anche dalle piogge che, se pur non frequenti, possono creare danni importanti.
Oramai tenute in vita con soli mezzi privati familiari, sono le ultime Biblioteche del Deserto, che oggi conservano con grande fatica, su scaffali polverosi, oltre 3.000 antichi manoscritti, tra i quali un prezioso corano del X secolo ricavato da una pelle di gazzella. Una lotta quotidiana con le termiti, la pioggia, il vento e la sabbia, la mancanza di risorse per cercare di preservare un patrimonio altrimenti destinato, non solo all’oblìo, ma soprattutto ad un deperimento inarrestabile.
Insieme alle Biblioteche di Timbuctu, in Mali, contengono documenti dal valore storiografico inestimabile, la testimonianza di un deserto florido di commerci e di sapere, dove si scambiavano oro, sale, datteri e libri, ma anche conoscenza, cultura, religioni e idee.
Ospiti della Fondazione, seduti sui gradini di pietra ed in cerca di un po’ d’ombra in un pomeriggio arido e infuocato, ascoltiamo in silenzio… tra racconti sul difficile tentativo di recupero dei manoscritti e la storia della città…
«l’Islam vi accoglie in questa terra e il terrorismo non ci rappresenta», «siamo felici di ospitarvi perché la vostra cultura è preziosa per noi».
Non c’è molto da aggiungere, se fosse rimasto anche un piccolo timore, per dare un significato al nostro viaggio. Qui, non molti anni fa, arrivavano voli settimanali dalla Francia, prezioso carburante per lo sviluppo economico e sociale dell’intero Paese. Oggi, non rimangono che alcune strutture attive, molte sono spettri vuoti e decadenti, immerse in una solitudine di alienante malinconia. Ad ospitare le poche manciate di turisti, qualche auberge o campement, la straordinaria accoglienza del popolo mauritano e l’infinità del deserto.
Sono passati otto anni da quel viaggio.
Chinguetti, Ouadane, Timbuctu rimarranno nomi evocativi di un passato glorioso quasi dimenticato, piccoli punti segnati sulle carte geografiche del mondo, capaci di far viaggiare lontano ogni volta che gli occhi si poseranno sopra una vecchia foto, dispiegando una mappa sgualcita e riportando ad incontri di meraviglia e stupore.
Brahim non sapeva quando sarebbero potuti arrivare i prossimi turisti, non sapeva quando sarebbe tornato nel suo deserto.
Quel “bollino rosso” verso i confini “caldi” rappresenta, ancora, un grande freno al turismo verso il suo Paese, nonostante sia recente la notizia dell’apertura di un’ambasciata italiana nella capitale mauritana Nouakchott.
Brahim, la nostra guida, volle salutarci con un ultimo breve discorso, e ringraziarci, a nome di tutti gli autisti (divenuti cuochi, premurosi aiutanti, meccanici, narratori di storie, compagni di viaggio, sorrisi quotidiani). Voleva che partissimo sicuri della loro accoglienza sincera. «Il terrorismo non alberga qui», ci tenne a sottolineare ancora una volta, affidandoci un messaggio importante da portare oltre i confini della sua terra. Quel terrorismo di cui loro sono le prime vittime.
Fu un distacco faticoso, malinconico e triste, la certezza di una separazione da quella che era diventata una famiglia, di partire verso un nuovo quotidiano, l’indomani. Per loro, la certezza di rimanere, magari dovendo cercare nuove occupazioni.
Pochi pensieri, capaci di far cadere i nostri schemi, la nostra comprensione che cerca di aggiornare l’osservazione del mondo. Per me la certezza che ci sarebbe stato un ritorno, come in realtà fu pochi mesi fa, per proseguire l’incontro di un paese, attraversando il suo deserto più remoto, quel Sahara che porta già nel nome, storie esaltanti e fatiche lontane.
Una nuova breve pausa di altrove che diviene tempo amplificato nel tempo.
Nel viaggio, la conoscenza: altre storie da ascoltare, curiosità di culture diverse da condividere, risa e stupore, inquietudini e tristezza. Ma, ancora una volta, consapevolezza e riflessione sulla nostra facilità di movimento e la nostra libertà.
Bene prezioso, che tutti dovrebbero possedere.