Caos e l’assenza del Governo nella gestione del turismo delle nostre coste
Balneari alla deriva
A metà stagioneestiva si consolidano i dati di un aumento dei prezzi e di una linea decrescente del flusso del turismo balneare, un flusso che, paradossalmente, ha visto un picco nel periodo pandemico quando i vacanzieri romani, non potendo viaggiare, si sono riversati in massa sul litorale laziale. Le migliaia di imprese che gestiscono strutture balneari stanno vivendo uno stato di provvisorietà dovuta al non risolto problema delle concessioni. Ormai è assodato che, dopo, la reiterata sentenza del Consiglio di Stato, tutte le concessioni del Demanio Marittimo sono decadute al 31 dicembre 2023, le estensioni concesse dai comuni sono, nella stragrande maggioranza come nel caso di Anzio, non giustificate adeguatamente e quindi la gestione in atto da parte dei concessionari è illegale. Lo dimostra quotidianamente il Coordinamento Nazionale Mare Libero che organizza raid nel cuore di stabilimenti balneari famosi con aderenti che portano ombrelloni e sdraio e li piazzano indisturbati tra quelli dello stabilimento. Il Governo ha lasciato i gestori e gli operatori del settore nel caos perché, dopo 14 anni che la Direttiva Europea sulla concorrenza Bolkestein è diventata legge, nessun esecutivo ha voluto affrontare il problema lasciando di fatto alla Magistratura di sopperire alle proprie carenze. Ora non c’è più spazio per negoziare…ora bisogna procedere ma anche per procedere il Governo non interviene con le direttive, non stabilisce la modalità delle gare per l’assegnazione delle concessioni, non individua gli eventuali termini di risarcimento dei concessionari uscenti, non indica la possibilità di preferenza degli stessi a parità di offerta. Anche se le aspettative di un risarcimento per gli uscentisono state ulteriormente frustrate dalla recente sentenza della Corte Europea che sancisce il diritto della Pubblica Amministrazione ad acquisire i beni inamovibili esistenti all’atto della gara senza alcuno onere. Insomma gli operatori sono rimasti nel caos e nel caos alcuni comuni hanno fatto gare con parametri di aggiudicazione presi da altri contesti, aggiudicazioniche hanno fatto scalpore perché ottenute da industriali di settori diversi da quello turistico, addirittura una Capitaneria di Porto ha denunciato un concessionario “decaduto” per occupazione abusiva di suolo pubblico. Certo è che se si fosse imbastita una trattativa intelligente con Bruxelles sin da dopo la ratifica della Direttiva invece di puntare solo sulla assenza della carenza della risorsa, posizione assunta di recente con l’Europa quando le Autorità di controllo nazionali si apprestavano ad imporre di procedere, forse qualche pur lieve concessione si sarebbe ottenuta.
Teniamo conto che l’Italia è in assoluto la nazione europea in cui le strutture balneari sono così specializzate e cosi importanti nell’economia del settore turistico estivo. Ora che succede? Sono fortissimi i dubbi che l’Italia possa negoziare qualche condizione decente con l’Europa per cui il Governo dovrebbe muoversi molto rapidamente sul piano tecnico con un provvedimento per le Amministrazioni Comunali con cui definisca la struttura degli inviti a gara con chiari riferimenti ai parametri di valutazione in modo da allineare gli esiti delle gare su uno standard comune elevato. Uno standard che premi gli apprestamenti con valore sociale e che protegga l’ambiente. Il timore dei concessionari uscenti è che possa essere il danaro a farla da padrone e che operatori esterni al settore possano fagocitare le gare con grandi apporti di capitale ma questo è inevitabile anche perché questa è la concorrenza che la Bolkestein vuole difendere. Ogni operatore che intenda mantenere la propria concessione dovrà attrezzarsi con progetti adeguati e con offerte che impegnano economicamente perché c’è tanto danaro in giro ed il settore del turismo balneare è considerato uno dei più redditizi per il tempo limitato in cui si esplica. Una delle responsabilità a cui Governo ed istituzioni non si devono sottrarre è quella di garantire la totale protezione, non dei privilegi, ma dei diritti dei concessionari decaduti e cioè l’equa valutazione di quanto lasciano e che verrà riutilizzato e del cosiddetto “avviamento commerciale” e cioè di quanto il buon lavoro di decenni ha prodotto in termini di vantaggi sul mercato. Quello che sembra sfuggire è un fatto che ogni osservatore informato sa: gli affidamenti delle concessioni saranno uno dei più grossi business dell’anno. Miliardi di Euro sono in mano ad organizzazioni criminali di vario tipo e non chiedono che di essere lavati in acqua di mare. Un numero di strutture turistiche specialmente nel sud sono gestite da innocui operatori e controllate da organizzazioni mafiose per cui spetta al Governo ed ai suoi provvedimenti da prendere con urgenza, l’onere di mettere in atto meccanismi e controlli che proteggano non il vecchio concessionario ma la libera concorrenza.Il rischio che i mezzi tentacolari delle organizzazioni criminali, affinati in decenni di partecipazione a gare pubbliche possano neutralizzare, magari con qualche aiutino interno, la rete di protezione di legalità messa in atto dalle istituzioni. Questo è il maggior rischio di turbativa. Si crede che il prezzo di questa operazione lo pagheranno gli utenti ma se ci saranno adeguamenti dei prezzi per remunerare il danaro investito potrà essere un fatto con aspetti positivi se le migliorie gestionali saranno adeguate. E poi il mercato farà come al solito il suo lavoro e la concorrenza, in un contesto di soluzioni alternative dovrebbe calmierare, le esigenze dei nuovi concessionari ed ancora più di quelli vecchi riconfermati.
Sergio Franchi