Il Pontino Aprilia • 13/2021
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Una cattolica distinzione
Nel suo libro intervista Ein Leben, papa Ratzinger
risponde al giornalista e scrittore P. Seewald circa le
dimissioni dal suo ufficio di papa. Ratzinger specifica:
“Non è così semplice”, cioè “l’ufficio papale non è in un
solo pezzo”. Infatti nel 1983 nel diritto canonico si
operò la distinzione fra munus e ministerium, cioè fra
il titolo di papa e l’esercizio pratico del papato. Alcuni
canonisti sostengono che Benedetto XVI si sia dimesso
perché il ministerium e il munus sono inscindibili. Certo,
questi sono inscindibili solo come “diritto iniziale” del
pontefice, nel senso che un papa neoeletto ha, oltre al
titolo, il diritto di esercitare anche il potere pratico.
Tuttavia, titolo e potere non sono equivalenti, né
inseparabili. Se infatti è vero che un papa, rinunciando
al titolo, perde ovviamente anche il potere pratico, egli
può benissimo rinunciare al potere mantenendo il titolo,
e restando quindi papa…
Forse pochi comprendono il
cattolico ragionamento appena
esposto. E forse ancor meno sono
interessati a queste cose. Ma dato
che la gente cattolicamente abituata
continua a farsi guidare dai ciechi,
forse non sarà inutile ricordare
alcune cose. Nella chiesa primitiva
non esisteva alcuna gerarchia. Gli
stessi termini greci che richiamano
una gerarchia sono assenti
dall’evangelo. È storicamente
impossibile rintracciare una catena
ininterrotta di “imposizione delle
mani” che dagli apostoli giunga
sino ai vescovi così come sono
intesi oggi. Nei primi secoli non c’è
alcun elemento che attesti un
primato giuridico (o una
preminenza basata sulla Bibbia) della chiesa romana o
addirittura dei vescovi di Roma. (Sant’)Agostino di
Ippona non scrisse mai nulla riguardo a un primato
universale dei vescovi di Roma. L’evangelo attribuisce
“il primato in tutto” solo a Cristo Gesù, perché egli è
colui che è risorto (Col 1,18). Gesù stesso insegna a non
attribuire ad alcuno sulla terra il titolo di padre spirituale
(papa), “perché uno solo è il Padre vostro, quello che è
nei cieli” (Mt 23,9). L’unica persona che nel Nuovo
Testamento cerca di avere il primato in una chiesa, un
tale Diotrefe, viene fortemente rimproverato da
Giovanni, il quale lo considera un “male” (3 Gv 9-11).
Peccato che la Chiesa cattolica si sia tanto allontanata
dall’insegnamento di Cristo da dimenticare l’evangelo
per accogliere distinzioni legalistiche che urtano contro
la croce e la risurrezione di Cristo.
Fidarsi di Cristo Gesù
Fra gli esseri umani e gli animali è rimasta ancora una
differenza: i primi sanno di dover morire, i secondi non
lo sanno. Gli esseri umani temono la morte; anche quelli
che, in contrasto col Vangelo, dicono che la morte è un
annichilimento. Ma ecco che si avvicina Gesù e ci dice:
“Non temere! Io sono la vita. Chi crede in me, anche
se muore vive” (Gv 14,6; 11,25). Al mondo tanti pazzi
hanno fatto affermazioni assurde sotto apparenza di
verità. Dobbiamo fidarci di quanto afferma Gesù? Che
si tratti solo della consolazione di un esaltato? Proprio
no: Gesù è l’essere più attendibile ed equilibrato mai
apparso sulla terra. Occorre fidarsi di quanto dice,
perché egli non solo è morto come tutti, ma è anche
risorto, il che nessun altro ha mai potuto attuare. Le
narrazioni bibliche non sono pura leggenda, ma
fondano la fede in Gesù, perché colui che ci dice di
essere nostra vita ha documentato
questa sua affermazione con la sua
risurrezione.
I testimoni sono chiari in
proposito: “Noi abbiamo mangiato
e bevuto con lui dopo la sua
risurrezione dai morti” (Atti
10,42). Gesù è vita perché solo lui
ha lasciato una tomba vuota nel
vasto cimitero del mondo. Egli è
divenuto per noi Spirito che dà vita
(1 Cor 15,45). Gesù Risorto
possiede in così alto grado la vita
stessa di Dio da esser chiamato
“Figlio di Dio”. Ma Gesù non
vuole tenere egoisticamente per sé
la sua vita, vuole farne parte anche
a noi: “Io sono venuto perché
abbiano vita, e l’abbiano in
abbondanza” (Gv 10,10). Per
questo il suo consiglio è che “nasciamo di nuovo” (Gv
3,1 ss.).
Questa nascita “nuova” è condizione essenziale per aver
parte alla sua vita. Non basta esser nati alla vita terrena.
Gesù dice così al vecchio Nicodemo: “Non ti
meravigliare se ti ho detto, ‘Occorre che nasciate di
nuovo’. Ciò che è nato dalla carne è carne, e ciò che è
nato dallo Spirito è spirito. Perciò in verità io ti dico che
se un uomo non è nato d’acqua e di Spirito non può
entrare nel regno di Dio” (Gv 3,5). Questa rinascita –
suscitata dalla fede nella Parola di Dio, dalla quale
sappiamo che Gesù è il Cristo – comporta sì
l’immersione battesimale, ma poi un ravvedimento
continuo, una continua morte al peccato, alla vita
terrena chiusa nel proprio io egoista, e una apertura
dell’individuo all’amore eterno di Dio.
FEDE
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RAGIONE
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DAL PAPA
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La fede
come
esercizio
della
mente
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interamente curata
ed autofinanziata dalla
comunità di cristiani
che si incontra in
APRILIA,
VIA G. CARDUCCI, 9,
ha il solo fine di
promuovere il
ragionamento sui temi
importanti della vita e
della fede in Cristo.
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