Il Consiglio comunale ha votato l’applicazione dell’imposta secondo la normativa vigente
Imu anche per le serre agricole
Dopo gli aumenti Imu per i terreni agricoli – con esenzioni solo per i coltivatori diretti – ora l’amministrazione Terra vuol tassare anche i proprietari di serre fisse presenti sul territorio comunale, introducendo la Tari anche per questo tipo di fabbricato. Una misura prevista dalla normativa vigente, ma che l’amministrazione ora sceglie di applicare, equiparando le serre agricole fisse come se fossero magazzini e capannoni.
Una scelta destinata a calamitare critiche e malcontento, quella approvata in consiglio comunale, in una città come Aprilia che ospita un elevato numero di serre non solo destinate alla produzione di frutta e verdura ma anche per la produzione di fiori. A sposare il punto di vista degli agricoltori, contestando apertamente la scelta dell’assessorato alle finanze, il consigliere Vincenzo Giovannini.
Da poco entrato a far parte della maggioranza civica, in commissione aveva espresso un parere molto critico nei confronti della misura presentata in aula dall’assessore Lanfranco Principi, chiedendo una modifica ritenendo che sebbene la normativa di riferimento preveda l’applicazione della tariffa anche per questa fattispecie di fabbricato, sia scelta dell’ente applicarla o meno.
“Si tratta di una questione molto seria – ha sottolineato in quella occasione il consigliere di maggioranza, salvo poi smorzare i toni in consiglio – che rischia di creare malcontento e mettere in difficoltà gli operatori del settore, pertanto ritengo sia opportuno che l’articolo venga definito in maniera più chiara e se possibile rivisto. In città ci sono tantissimi agricoltori e questa tipologia di serra è quella più utilizzata da chi coltiva fiori.
Ritengo non sia giusto costringerli a pagare la Tari o esporli ad accertamenti nel caso in cui non sia chiara la differenza tra serra mobile e fissa. In ogni caso trovo sbagliato il concetto di equiparare una serra ad un magazzino: alcuni hanno diversi ettari coltivati, cosa vorrebbe dire far pagare una tassa elevata a costoro? Fare chiarezza subito e prevedere le modifiche del caso, potrebbe servire a evitare contenziosi e malcontenti.
Questo articolo, così come previsto, rischia di mettere in difficoltà un comparto già duramente colpito dalla crisi”.
Non è chiaro se ci sia stata da parte dell’assessorato la volontà di riflettere sul suggerimento pervenuto dai banchi di maggioranza, fatto sta che il provvedimento alla fine ha ottenuto l’ok da parte del consiglio comunale e l’intervento in quella sede del consigliere Giovannini è servito solo a correggere il tiro, smorzando i toni rispetto alle critiche rivolte in commissione. Insomma se la norma parla chiaro e l’amministrazione civica – come era avvenuto anche in passato per canoniche e caserme – l’amministrazione Terra pare decisa ad applicarla alla lettera.
Francesca Cavallin
Il Consiglio di Stato ha dato ragione alla famiglia Cossettini
Espropri mai fatti
Sono strade pubbliche tra le più conosciute in città, perché situate in pieno centro, ma da oltre 50 anni a pagare le tasse e le spese per quei terreni sono gli eredi Cossettini, ossia i privati che un tempo erano proprietari dei lotti su cui oggi sorgono corso Giovanni XXIII, via Isonzo, via Piave e via Emilia, perché il Comune di Aprilia fino ad oggi ha sempre rifiutato di concludere le procedure di esproprio per non doverne sostenere il costo. Una decisione fino ad oggi avvalorata dalle pronunce del Tribunale amministrativo.
Ora però il Consiglio di Stato potrebbe aver scritto la parola fine su un contenzioso che dura da mezzo secolo, dando ragione ai privati che si sono visti togliere lotti di loro proprietà senza essere pagati, anzi per ironia della sorte trovandosi addirittura a dover pagare le tasse.
Nei giorni scorsi infatti il Consiglio di Stato, pronunciandosi sul ricorso presentato dalla famiglia Cossettini, ha ribaltato la sentenza 8267 pronunciata dal Tar del Lazio il 18 dicembre 2019 e annullato gli effetti della nota emessa nel 2017 dal dirigente ai lavori pubblici, che aveva dichiarato inammissibile la richiesta avanzata dagli eredi Cossettini nel 2015, ossia di avviare e concludere le procedure di esproprio per terreni che di fatto sono del Comune di Aprilia da 57 anni: si tratta infatti di terreni per lo più adibiti a marciapiedi e sedi stradali.
Era il 3 giugno 1964, quando il Consiglio comunale di Aprilia decise di acquistare un appezzamento di 435 metri quadrati, stabilendo che sarebbero stati pagati duemila lire al mq, per un corrispettivo totale di 870 mila lire.
Come è accaduto anche per molti altri spazi pubblici presenti in città, l’esproprio non fu mai pagato e nessuno si curò neanche di perfezionare gli atti, sebbene i terreni furono utilizzati per realizzare nuove strade e marciapiedi, lasciando agli eredi Cossettini l’onere di pagare l’Imu per beni che non sono più nelle loro disponibilità da mezzo secolo. A nulla sono valsi i tentativi di ricomporre la lite da parte della famiglia, in quanto l’ente ha sempre rifiutato di pagare per quel vecchio esproprio, tentando tramite il dirigente anche di procedere con l’acquisizione gratuita a patrimonio comunale dei lotti, avendo ragione nel 2019 anche davanti al Tar del Lazio.
A ribaltare le sorti, la sentenza del Consiglio di Stato, che oltre ad annullare la nota del dirigente ha condannato l’ente a pagare 6 mila euro per le spese legali.
Francesca Cavallin