Dal libro “Pomezia Origini – Genti – Personaggi” del professor Antonio Sessa edito nel 1990 dalla Angelo Capriotti Editore
Se potessi avere mille lire al mese
Dal Libro “Pomezia Origini – Genti – Personaggi del prof. Antonio Sessa edito nel 1990 dalla Angelo Capriotti Editore.
Come in tutti i Comuni di quel periodo, tutta la popolazione era inquadrata per fasce di età e di sesso, nelle varie associazioni di partito: balilla, avanguardisti, figli della lupa, giovani italiane, ecc... Il segretario politico di Pomezia era Giacinto Bolzanello; quello di Ardea il dottor Antici. Nella casa del fascio di piazza Indipendenza si tenevano riunioni periodiche e in particolari occasioni una vecchia radio “Balilla”, esposta fuori al balcone, faceva sentire ai “rurali” la voce del Duce. Attraverso il “Foglio di Disposizioni” del partito fascista si eseguivano le direttive del regime. Dal 1939 anche a Pomezia diventò obbligatorio l’uso del Voi al posto del Lei nei rapporti fra persone: una invenzione di Achille Starace, segretario del partito Nazionale Fascista, come lo erano stati il “saluto romano” e il “passo romano”.
Ma a Pomezia, tutta gente alla buona, il problema non esisteva perché quasi tutti si davano del Tu. A Pratica il prete, don Roberto Beltrami, metteva sul davanzale della canonica la radio per far sentire i notiziari ai parrocchiani. Di radio in giro ve ne erano pochissime; qualche colono si era portato dalla Romagna la mastodontica Phonola. I più avevano la radio a galena, che era un semplicissimo ricevitore con il quale si riusciva a captare la stazione radio più vicina. Nelle nostre zone, grazie alla vicina potentissima stazione di Santa Palomba, era facile captare i programmi E.I.A.R. (Ente Italiano Audizioni Radiofoniche). Si ascoltavano soprattutto canzoni, che poi diventavano motivi da fischiettare come “C’è una chiesetta amor, nascosta in mezzo ai fior... “, suonata dall’orchestra Angelini. In quel periodo era famoso il trio Lescano, interprete dei notissimi brani “Maramao perché sei morto”, “Ma le gambe” e “Tuli-pan”.
La splendida Alida Valli faceva sognare con la canzone “Mille lire al mese”, eseguita magistralmente nel film omonimo; i toscani che lavoravano con l’Opera cantavano orgogliosamente “La porti un bacione a Firenze”, di Odoardo Spadaro; Alberto Rabagliati faceva nascere i primi amori con la celeberrima “Bambina innamorata”.
E nello sport l’inconfondibile voce di Nicolò Carosio raccontava le gesta dell’Ambrosiana (l’attuale Inter), della Juve, del Bologna; ma nel 1942 il campionato venne sospeso e per radio si ascoltarono sempre più i notiziari con i bollettini dai vari fronti.
Fuori dai canali ufficiali, Radio Londra trasmetteva notizie diverse, che venivano ascoltate di nascosto, di notte.
Nel nuovo centro rurale, Pomezia, la parrocchia fu subito molto attiva: il primo parroco, don Antonio Brossa e il vice, padre Maggiorino Portalupi, si dettero da fare per aiutare i coloni e per organizzare con i giovani la prima associazione cattolica, nonché la festa patronale di San Benedetto. Non doveva essere facile riuscire a districarsi dall’onnipresente organizzazione fascista. Nella delibera n. 58 del 12 luglio 1940 il Comune dette un contributo di £ 3.000 per la festa patronale organizzata dal dopolavoro locale. Aiuti importanti a queste attività della parrocchia venivano dati dalle suore Figlie della Croce; a Pratica, dove avevano nel borgo il convento e gestivano anche la locale scuola elementare, e a Pomezia, dove in fondo alla G.I.L. avevano l’asilo. Queste suore attivissime accompagnavano in estate i più piccoli alla colonia marina a Torvajanica. Per le ragazze era un importante punto di incontro; le suore insegnavano loro a cantare, organizzavano coretti della chiesa, eseguivano recite in particolari occasioni.
Gli svaghi
Per i più giovani, ma anche per gli adulti, un ritrovo importante era il dopolavoro aderente all’Opera Nazionale Dopolavoro, che stava dietro la casa del Fascio, nell’odierna sede dei vigili urbani. Il primo che lo ebbe in gestione fu Salvatori. Qui si organizzavano quelle attività ricreative, che oggi sono tipiche della Pro-loco; per lo più si andava a giocare a carte e a leggere i giornali, fra i quali “Il regime fascista”, anche se il più letto era “Il Messaggero” soprattutto nelle pagine sportive.
Nel 1940 il ventenne Fausto Coppi aveva vinto il Giro d’Italia e si avviò quindi il dualismo Coppi-Bartali, che anche nel dopolavoro creava accese dispute. D’altronde, considerato che di politica non se ne poteva parlare, era proprio lo sport con i suoi campioni a tenere acceso un certo dibattito. Oltre che il dopolavoro altri due erano i punti di riferimento: da Giorgiantoni, a via Roma, e da Mincione (Sora Ciccia), sotto i portici in piazza. Il sabato e la domenica sera, con i coloni, vi era il pienone; per lo più si mangiava, si beveva vino e si giocava a carte. Si racconta che da Mincione preferivano andare i romagnoli e da Giorgiantoni gli italiani venuti dall’estero (italo-francesi, italo-slavi, italo-rumeni).
Nelle sere dei giorni feriali erano solo gli abitanti del paese a fare una piccola sosta: Chiapponi, il brigadiere Silla, il farmacista Natali, il Perin, Castagliani e qualche sparuto abitante del centro si soffermava in piazza e poi, dopo una rapida giocata a carte in uno dei due locali, si recava a casa il prima possibile, in quanto la diana (la sveglia) suonava presto. Le donne stavano quasi sempre in casa a seguire la numerosa prole e uscivano per andare al lavatoio pubblico, che stava dietro il Comune, oppure per recarsi a fare la piccola spesa da Celori, da Ventrone o da qualche ambulante di passaggio.