SIMPOSIO
Giuliana Bellorini
Coordinatrice corrispondente
del salotto sede del Simposio
ESTATE 2023
La passione, lo sfogo, la necessità di scandagliare l'animo umano, sono sentimenti sempre presenti ai nostri amici scrittori. Ma in questo tempo il tono è più serio e la loro sensibilità coglie il “disordine” che ci circonda. Prendono atto che tutto quanto avviene, a danno della nostra casa comune, e le relazioni dei suoi abitanti sempre più ostili tra di loro, è il frutto del pensiero di quello che viene considerato l’animale superiore che la abita. L'uomo, l'unico animale che cerca di modellare l'ambiente secondo piacere, anziché adattare sé stesso e la propria biologia in funzione dell'ambiente in cui vive.
Mancano pochi giorni al solstizio, siamo in attesa della tanto desiderata (o temuta) estate, che arriverà come da programma prestabilito dal movimento degli astri: non sarà la nostra libertà di scelta a deciderne in merito e lo scorrere del tempo è una di quelle funzioni ancora non plasmabili. Per gli incontri del Simposio, l'estate è una pausa consueta, in cui raccogliere momenti da ricordare quando riprenderemo ad incontrarci. Saranno gioie trascorse, sofferenze, delusioni, ansie e speranze. Starà nelle piccole cose di ognuno, cercare la possibilità di fare la differenza. La proposta di Paola, di ricordare Italo Calvino nel centenario della nascita, sarà uno spunto per riflettere attraverso le parole del grande intellettuale e scrittore: «Forse non farò cose importanti, ma la storia è fatta di piccoli gesti anonimi, forse domani morirò, magari prima di quel tedesco, ma tutte le cose che farò prima di morire, e la mia morte stessa, saranno pezzetti di storia, e tutti i pensieri che sto facendo adesso influiscono sulla mia storia di domani, sulla storia di domani del genere umano». Giuliana
ITALO CALVINO in pillole
di Paola Leoncini
Calvino: chi era costui
Italo Calvino nasce a Cuba, il 15 ottobre del 1923, dove il padre ha trovato lavoro come agronomo, ma a Cuba resta poco tempo poiché i Calvino tornano in Italia quando Italo ha solo 2 anni. La sua infanzia e la sua adolescenza scorrono normali e serene, a Sanremo. La sua famiglia, di stampo borghese, è piuttosto benestante grazie al lavoro di entrambi i genitori. Il padre continua ad esercitare la sua professione di agronomo e la madre insegna (sarà la prima donna, in Italia, ad ottenere la cattedra di docenza universitaria).
Anche Italo sembra seguire le orme genitoriali iscrivendosi alla facoltà di agraria, poi però, cambierà idea e indirizzo dei suoi studi preferendo le discipline umanistiche. Il grado di cultura che si respira in casa aiuta il giovane Calvino ad avvicinarsi prima alla lettura e poi alla scrittura, con la successiva pubblicazione di racconti presso giornali e riviste dove svolgerà il mestiere di giornalista per quasi tutta la sua vita.
Gli esordi insospettabili
La sua produzione narrativa è vasta e variegata. Calvino si fa un nome come autore di opere fantastiche, ma il suo esordio avviene nel neorealismo. Il sentiero dei nidi di ragno, infatti, il suo primo romanzo, scritto nel 1947, non è di genere fantastico, bensì attinge alla realtà della sua esperienza di partigiano, in cui racconta l’avventura di un ragazzino, Pin, che si muove in un’Italia post-bellica, immersa nell’azione di chi vorrebbe liberare il Paese dall’incubo germanico.
Ciò che salta subito all’ occhio del lettore è la capacità di Calvino di trattare argomenti drammatici con leggerezza, ma non superficialità.
In alcuni passaggi, Calvino strappa perfino qualche sorriso, che però, non allontana il lettore dalle tragedie in atto sotto lo sguardo innocente del protagonista.
Un talento naturale per la scrittura
Lo stile narrativo è semplice e scorrevole. Qua e là s’ incontrano termini tecnici bellici, riferiti soprattutto ai nomi delle armi usate, ed espressioni dialettali tipicamente liguri. La descrizione di luoghi, personaggi e stati d’animo degli stessi è straordinaria, “fisica”, tanto da permettere ai lettori di “vedere” i posti descritti, immedesimarsi appieno nei personaggi e vivere le loro esperienze attraverso lo sguardo smarrito del giovanissimo protagonista.
Romanzo di formazione?
Romanzo di formazione? Anche. Nella storia raccontata da Calvino, Pin conosce la violenza del carcere, del nemico tedesco e del tradimento, ma ha modo di assaporare la bellezza dell’amicizia sincera, senza secondi fini, e crescere, volente o nolente, nel dolore e nella disillusione di un mondo che sta cambiando inesorabilmente.
Ma i ragni fanno davvero il nido?
Infine il titolo. Cos’è “Il sentiero dei nidi di ragno”? È un luogo quasi magico, inventato dal protagonista, dove, lui afferma, i ragni costruiscono i loro nidi, ovvero un posto, ovviamente inesistente, in cui potersi rifugiare nei momenti più bui per fuggire dalla cruda realtà della guerra e del mondo in genere; la prima avvisaglia dei voli fantastici e fantasiosi nei quali Calvino si librerá e condurrà i suoi lettori all’interno dei suoi romanzi creati durante la sua lunga carriera di scrittore.
CURIOSITÀ NELLA POESIA/31
di Sergio Bedeschi
PROSA O POESIA?
IL VIZIETTO DI “ANDARE A CAPO”
C’è gente che crede di scrivere poesia per il solo vezzo di andare a capo “ogni quattro parole”. Intendiamoci bene: andare a capo frequentemente, per uno che mette giù dei versi è importante. Può costituire una pausa, una sospensione, qualcosa che ricorda in musica le magiche pause di Chopin o Debussy. Insomma è il momento in cui il mondo si ferma, si trattiene il fiato, il cuore palpita, è un’interruzione che né la virgola né il punto e virgola né tanto meno il punto ortografico possono sostituire. Davvero uno strumento potente e suggestivo, quello di andare a capo. Non bisognerebbe però abusarne, altrimenti si finisce per avere una perdita di valori. Insomma quando di prosa si tratta, sarebbe meglio trattarla come tale. Perbacco! Anche la prosa ha peraltro la sua dignità! E non ha certo bisogno dell’espediente poetico per farsi valere. Ditemi che non è così. Oggi, con lo svanire della moda della metrica e della rima e con la tendenza a svincolarsi da qualunque obbligo di rispettare regole e canoni, ognuno scrive quel che vuole e come vuole, andando a capo come gli pare. E sarà giusto pure così, non dico. Quel che dico è che così si possono confondere le acque o, per meglio dire, si possono inquinare. Poesia che diventa prosa senza esserlo o, peggio ancora, prosa che diventa poesia.
D’altronde siamo nell’era della libertà: che ognuno faccia un po’ quel che vuole! Quel che personalmente mi preme è il saper riconoscere quando qualcuno, rinunciando ad andare continuamente a capo, scrive e racconta come un vero prosatore, ma di fatto nasconde delle qualità poetiche tali che se tu ti metti lì a cambiare le carte in tavola e ad andare a capo “quando il cuore ti comanda” ne viene fuori della Poesia vera e propria con la “P” maiuscola. Vuoi qualche esempio? Prendi qualche passo del Manzoni, uno di quelli descrittivi del mondo naturale che ci circonda o che indagano sulle movenze del cuore umano. E mettiti a giocare andando a capo qua e là e vedi un po’ se non è poesia. Io però voglio proporti qualcosa di più nostrano e più vicino a noi, magari ricollegandomi, come vedrai, al tema dei poeti meteorologici su cui ho scherzato nelle puntate precedenti.
UN ALTRO POETA METEOROLOGO
Ce n’ho uno che fa al caso nostro, uno che, come niente fosse, scrive un raccontino sul vento (che soffia come le movenze del suo cuore). È uno che non si preoccupa dell’ortografia, né della sintassi, né di “andare a capo”, ma che è certamente assai più poeta di tanti poeti che mi capita di leggere.
L’ho scoperto di recente quasi per caso, ma me lo rileggo ogni tanto. Sapete dove l’abbiamo pubblicato? Sul numero 25 di Luogos uscito all’ultimo solstizio di dicembre, Si tratta di un raccontino di Leonello Rabatti, apparentemente senza pretese. A voi solo qualche passaggio:
Sono il vento. Nella mente razionale dell’uomo: aria che si muove da zone fredde ad ambienti caldi, spazzando territori, entrando nelle case quando s’aprono i pertugi… Sono la congiunzione di quegli istanti sottratti alla stasi e animati da una vibrazione senza fine. Pneuma che fluisce sulle cose, sulle vite ferme ai bivi del tempo… Sono l’energia del tempo e inseguo ogni superficie. Mi fermo agli angoli della tristezza, nelle soste della malinconia, per diffondere e detergere il sale delle lacrime. I capelli che incorniciano i volti sono la mia essenza: lì talvolta rimango a scompigliare i pensieri e gli sguardi… Torno nel mio palazzo oltre il cielo, otre immenso che racchiude il mio segreto.
Come ho detto, ho riportato solo qualche frammento. Ma vi consiglio di procurarvelo per intero. E intanto, se volete, divertitevi pure ad andare a capo, con la mia benedizione! Vedrete come funziona bene. O fate magari come Stefano Amati che, tanto per non perdere tempo, a capo ci è andato da solo leggero come il vento. Ancora il vento, sempre il vento così complice coi poeti e con gli amanti. E anche con chi soffre per guai o per amore. Ancora Meteorologia! In qualche modo ancora Scienza nella Poesia, dunque!
Il vento non sa leggere
Passa il gelido vento dell’inverno,
strappando dagli alberi le foglie.
Passa veloce e turbinoso
senza leggere mai
dentro i nostri cuori.
Lascia che ti porti
con me verso il Sole,
dove potrai scaldare
le tue fredde mani.
Tanto… vedrai. Più tardi
la notte come un’ombra
porterà via ciò che resta
del nostro amore.