YOUNG SOPHIA
Il pensiero dei giovani
LA MIA PASSIONE
PER LA CHITARRA CLASSICA
Roland Dyens,
“il mago della chitarra”/4
di Roberto Cardinali
Dopo Black Orpheus,
Dyens si interesso alla Musica popolare brasiliana (MPB) e durante i suoi anni dell’adolescenza il compositore ha cercato di imparare a orecchio lo stile tecnico e le armonie utilizzate dai chitarristi brasiliani come Baden Powell (1937-2000). A questo punto Dyens stava gia studiando la chitarra classica con Alberto Ponce a Parigi, suonando in concerti per pagare il suo primo viaggio in Brasile.
Rio de Janeiro
Nel momento in cui Dyens riuscì a viaggiare verso Rio de Janeiro, imparo a "suonare come un chitarrista brasiliano" "approfondendo il linguaggio musicale brasiliano". La sua priorita durante il suo primo viaggio in Brasile fu visitare il museo Villa-Lobos a Rio de Janeiro, dove ha realmente incontrato e si e avvicinato alla vedova del compositore, Mindianha Villa-Lobos.
La cultura carioca
Il primo lavoro pubblicato da Dyens apparve nel 1980 con Trois Saudades, una serie di tre pezzi in stile brasiliano, insieme ad altre opere brasiliane del compositore. Il fatto che la sua ampia lista di opere pubblicate inizia con un set brasiliano non ci sorprende piu di tanto poiché́ il compositore spesso ha dichiarato la propria simpatia alla cultura carioca, credendo quasi di essere stato brasiliano in una vita precedente. In breve, Roland Dyens può essere benissimo considerato un chitarrista, un compositore e un cittadino francese di origine tunisina con un'anima brasiliana, la cui musica esplora con unica originalità tutti gli aspetti della sua personalità. Di conseguenza, il multiculturalismo è un elemento costante del catalogo del compositore, come risulta dalla vasta gamma di influenze musicali e culturali delle culture latinoamericane, mediorientali, europee e asiatiche.
Il multiculturalismo di Dyens puo sembrare associato ad una varieta di tecniche compositive che vanno dalla semplice tonalità all'atonalità o alla bitonalità al fianco di elementi folklorici o poliritmici. Il suo secondo lavoro pubblicato in Brasile, Hommage a Villa-Lobos, apparve nel 1987 e mostra anche l'influenza diretta di Villa-Lobos.
[...] mi sono espresso [...] sinceramente [...]sempre, suonando cose diverse, suonando anche con trio avevo venticinque anni, con vibrafono, con percussioni, bom! Molto influenzato dal Brasile [...] la stampa brasiliana e nel mio sangue al punto di pensare che sono stato, ero brasiliano [...] mi sento troppo vicino loro [...].
I buoni, i cattivi e
il fuoco S
di Giancarlo Marchesini
Ricordi d’infanzia
La distinzione fra buoni e cattivi è un retaggio della nostra infanzia: si giocava a “guardie e ladri” a “maschi contro femmine” (lasciando poi alla valutazione soggettiva chi fossero i buoni(e) o i cattivi(e). Era insomma un mondo manicheo, fatto di bianchi e di neri, che rispondeva a una necessità pratica di categorizzazione. Dove collocare questo personaggio? È buono o cattivo (chiede il bambino al papà)? I buoni (arrivano i nostri!) risultano vincenti e i cattivi perdono. Agli inizi, il grande cinema americano si è adagiato su queste categorie. John Wayne non può che essere un cowboy buono (anche se con l’avanzare degli anni ha accettato ruoli più sfumati e ambigui). Mentre Charlton Heston è stato indefettibilmente un buono (Ben Hur, Mosè, Michelangelo)che però,nella vita civile, è diventato sempre più “cattivo” fino a assumere la funzione di presidente della National Rifle Association, un’associazione che predica il diritto ad armarsi dei singoli cittadini.
Ma, vi chiedo, un uomo che ruba una bicicletta per poter andare a lavorare è un buono o un cattivo? In caso di dubbio basta chiedere a Vittorio De Sica!
La guerra e il Fuoco Amico
La guerra è un caso in cui tipicamente si affrontano buoni e cattivi, lasciando poi ai politici, agli storici e agli esegeti la bisogna di distinguere chi era chi. Una fattispecie particolarmente contorta della distinzione buono/cattivo è l’espressione Fuoco Amico che, nel gergo militare, sta a indicare quella situazione in cui soldati o mezzi vengono a trovarsi, per errori di posizionamento o identificazione, sotto il fuoco delle proprie batterie o di quelle alleate.
L’espressione Fuoco Amico, già usata, nel gergo militare, durante la Prima e la Seconda Guerra Mondiale, è divenuta d’attualità con la Seconda Guerra del Golfo (Iraq contro tutti), sia per l’impiego di armi tecnologicamente avanzate che per la grande quantità di alleati che facevano fatica a riconoscersi l’un l’altro.
Il Fuoco S
Ricordo che, con la sua tipica ironia al vetriolo, Umberto Eco in una delle sue Bustine di Minerva,scrisse: “Ma che fuoco amico, questo è fuoco stronzo”! D’ora in poi parlerò, per decenza, di Fuoco S).
Qualcuno potrebbe ravvisare nel Fuoco S il simbolo di una decategorizzazione di buoni e cattivi che divengono personaggi misti, di volta in volta soggetti a dubbi e verifiche (i buoni) o a pentimenti e sorprese (i cattivi). Come se un agente esterno (nel caso del Fuoco S la fatalità) producesse cambiamenti nella concezione del mondo e nel comportamento dei singoli.
Niente di più sbagliato: il Fuoco S resta comunque un fatto negativo che ipocritamente viene ammantato di inevitabilità.
Resta ora da vedere se i buoni sono ancora Buoni e se i cattivi sono ancora Cattivi. Il Rick di Casablanca è di primo acchito un duro, un cattivo che ha però alle spalle una nobile narrazione (la resistenza nella Francia occupata dai nazisti), che fa vincere alla roulette una coppia che si potrà pagare il viaggio in Portogallo e verso la libertà e che infine sacrifica il suo prezioso lasciapassare per una donna amata (anche da un altro).Sir Lancillotto è teoricamente un buono (il prototipo del cavaliere perfetto) che però si macchia di un delitto infamante nei confronti del suo Re il quale, peraltro è un personaggio alquanto ambiguo e maniaco-depressivo.
L’inganno delle favole
Una netta distinzione buono/cattivo si ritrova soltanto nelle favole: La strega è veramente una strega e Biancaneve non è soltanto “bianca” ma un fulgido esempio di altruismo e amor filiale. Cenerentola, buona ubbidiente e “ambientalista” si contrappone all’ipocrisia della matrigna e delle sue sorellastre.
Ma la nostra mentalità e la nostra psicologia non si possono basare sulle favole: un buono ha sempre e comunque esitazioni e debolezze, I cedimenti di un cattivo prefigurano spesso soluzioni “buone” e positive. Perfino i supereroi hanno aspetti oscuri, incomprensibili e insidiosi. E per questo sono interessanti: Superman, non avendo difetti visibili, si ammanta di autocompiacimento, Batman ha un oscuro passato di orfanello (miliardario) e si strugge nella propria concezione della giustizia. Jekill si trasforma in Hyde per poter essere cattivo e Hyde cerca di ostacolare le sue resipiscenze. Bruce Banner (la crisalide di Hulk) è tormentato da dubbi etici e quantici. L’unico di cui non sappiamo se alla fine si penta è Dorian Gray, ma sarebbe come chiedere se Giuda è entrato nel Regno dei cieli.
Per questo ci piacciono i supereroi: perché, fatte le debite proporzioni, sono come noi con pregi e difetti, ambizioni e fallimenti.
La filosofia del sincretismo, infiltratasi poco a poco nella sicurezza della Roma imperiale ha corroso una concezione del mondo fatta di bianchi e di neri (Orazio, Satire: “C’è una misura nelle cose; vi sono determinati confini, al di là e al di qua dei quali non può esservi il giusto”). Est modus in rebus appare oggi un’espressione fiacca, paternalistica e obsoleta. Per secoli Roma ha inseguito la nozione del limes i limiti estremi dell’impero al di là dei quali c’è il nulla, la forza bruta. Le invasioni dei barbari furono una specie di guerra del Vietnam annunciata. A proposito, Kennedy che portò l’uomo sulla luna e ha iniziato la guerra del Vietnam era un buono o un cattivo? E Nixon, che l’ha fatta finire per poi essere demonizzato dall’opinione pubblica come un delinquente comune, era un buono o un cattivo?
La metafora del cigno nero: sbarcando in Australia gli esploratori olandesi scoprirono l’esistenza del cigno nero (che non è affatto un brutto anatroccolo ma un bellissimo animale). In sociologia e nei mass media la metafora del cigno nero viene usata per indicare un evento imprevisto che ha effetti rilevanti e che, a posteriori, viene inappropriatamente razionalizzato e giudicato prevedibile con il senno di poi.
Qualcuno potrebbe essere tentato di istituire un parallelismo fra il cigno nero e il Fuoco S: quest’ultimo sarebbe un errore tattico imprevisto che ha per effetto il ferimento o la morte di soldati del proprio schieramento, che viene successivamente razionalizzato e giudicato prevedibile ricorrendo alla definizione di “Amico”.
Non facciamoci illusioni: il Fuoco S non è amico. Nelle parole di Umberto Eco è – e resta – un Fuoco Str**** !
SCRITTURA
AL FEMMINILE
Rubrica aperta a tutti
Le mistiche medievali italiane
e la Querelle des femmes/1
di Ivana Moser
Nell’apparente “oscurantismo” dell’età medioevale vedono la luce le prime espressioni letterarie femminili a opera delle rimatrici Compiuta Donzella e Nina Siciliana, seconda metà del XIII secolo, e delle Poetesse Marchigiane del Trecento, letterate che gettano i primi semi della futura Querelle des Femmes.
LE SCRITTRICI MISTICHE
Nei secoli XIII e XIV emerge un altro tipo di scrittura al femminile, quello delle scrittrici mistiche, che svolgono un ruolo particolare all’interno della Querelle des Femmes, sia perché “attraverso la loro parola si oppongono a un ordine maschile precostituito, riescono a crearsi uno spazio di visibilità e affermazione” (Daniele Cerrato) e sia perché non hanno nessuna paura dello scandalo delle parole. I loro testi raccontano di esperienze mistiche dotate di forza straordinaria, nelle quali il rapporto con Dio si fa talvolta carnale, drammatico e conflittuale. Il loro amore per Dio non è qualcosa di etereo, celeste, proiettato in una dimensione incorporea e sublimata, ma anzi è erotico, sprigiona sensualità e passionalità.
LA MISTICA è il raggiungimento dell’unità profonda tra l’essere umano e Dio, attraverso la ricerca di una via esperienziale della Divinità. L’esperienza mistica non si colloca nel regno del silenzio e dell’assenza ma è fondata su un Io in ascolto, sulla parola intorno ad una presenza: una parola divina ricevuta e ridata. La via mistica va oltre lo stato contemplativo, un percorso questo che non porta a diretto contatto con la divinità, un’esperienza fugace del divino, non trasformatrice.
LA MISTICA MEDIEVALE Nell’evoluzione della mistica, due sono le esperienze mistiche: l’unione con Cristo, mistica affettiva o nuziale o sponsale, spesso densa di erotismo e la mistica speculativa, o mistica dell’essenza, “l’eliminazione di ogni immagine e sentimento per scoprire Dio nel fondo nudo dell’anima, quasi prescindendo da Cristo” (Marco Vannini).
LA MISTICA FEMMINILE nasce in Italia spesso in concomitanza con la nascita di alcune correnti del monachesimo (francescani, domenicani, cluniacensi, cistercensi). continua