Bandiere pro Palestina e politici appesi per i piedi simboli della lotta di genere
Il Gay Pride di Hamas
Personalmente non ho mai compreso la ragione per cui alcune persone sentano la necessità di sfoggiare in pubblico le proprie preferenze sessuali. Di farlo in modo eclatante ed addirittura attraverso una manifestazione di piazza. Comprendo che questo è un mio limite dovuto ad un vecchio modo di vedere il mondo e che quindi ci deve essere sicuramente qualche buona ragione. Ho assistito, anche se per caso, allo svolgimento della grande manifestazione Gay Pride del 24 giugno a Roma ed esattamente nella sua parte iniziale in Piazza della Repubblica. Tanta gente, tanti colori, tanti, tantissimi slogan, alcuni decisamente di cattivo gusto, sempre secondo il metro di chi vede il mondo nuovo con occhio antico. Che la manifestazione sia fatta anche per scuotere le coscienze non c’è dubbio ma il buon gusto ed il rispetto per gli altri dovrebbe valere almeno quanto queste manifestazioni esigono da chi le vede da fuori. Non credo che Madonne con il seno al vento e, commensali dell’Ultima Cena rappresentati da figuranti del varie tendenze di genere, possano ritenersi scene di buon gusto che non suscitino sdegno da parte di quei pochi che ritengono che la Madonna sia la Madre di Dio in terra e che, durante quel banchetto, si celebri il miracolo dell’Eucaristia. Saranno pochi, saranno gente tranquilla che è abituata a porgere l’altra guancia ma è gente che vorrebbe vedere la propria visione del mondo rispettata. Come non so quanto sia di buon gusto evocare spettri del passato mostrando personaggi politici di oggi appesi per le gambe e quanto questa evocazione possa costituire un modo per difendere i diritti di coloro che hanno scelto una identità sessuale che nessuno, ma proprio nessuno, si azzarda a mettere in discussione. Anche perché la gente ha cose più serie a cui pensare. Ma ci si abitua a tutto; ho avuto occasione, qualche anno fa, di assistere al Gay Pride di NewYork City, che li si chiama “NYC Pride March” ed è stata un’ esperienza unica con centinaia di carri che sfilavano lungo la via delle manifestazioni e cioè la 5th Avenue e l’ho trovato piu grandioso, meno triviale e più in linea con i sacrosanti diritti di coloro che difendono la libertà di genere. Tornando al “Pride” di Roma, certamente una manifestazione partecipata ma che lascia confuso chi la vorrebbe leggere nei suoi variegati significati. C’erano degli slogan che inneggiavano alla libertà, altri che si riferivano al Decreto Sicurezza, che secondo alcuni sarebbe l’anticamera della repressione; c’era una persona che parlava con un giornalista rivendicando il diritto di espressione che, detto da chi in mutande, con una parrucca rossa ed un reggiseno di merletto rosso stava liberamente manifestando al centro di Roma, faceva sorridere. Ma quello che mi ha letteralmente scoraggiato è un uomo, o forse non, che sbandierava orgogliosamente la bandiera della Palestina, invocandone la libertà. Ma che ci azzecca, direbbe il castigatore di “Mani Pulite”, la bandiera palestinese nella manifestazione per i diritti dei non eterosessuali? Non è chiaro, ma è chiara la confusione di quella persona alla quale qualcuno potrebbe spiegare che, in quella Palestina, proprio in quella di cui sventolava la richiesta di libertà, alludendo all’invasione Israeliana, se gli/le venisse l’idea balzana di mettersi un costume rosa e sfilare per le vie di Gaza City sarebbe bersaglio di qualche palestinese armato di Kalashnikov. Sono personalmente contento di stare in un Paese in cui chi vuole manifestare per il proprio diritto a vivere la propria esistenza in tutta libertà, può farlo, proprio come avviene in Israele, in cui si tiene ogni anno, l’unico grande e partecipato Gay Pride di tutto il mondo arabo ed islamico. Sono un po’ meno contento di dover rilevare che la libertà di manifestare la propria libertà abbia bisogno di urtare, quando non offendere, la sensibilità e quindi la libertà altrui. Da fastidio vedere la strumentalizzazione delle “autorità” politiche ed amministrative, tutte di una sola parte politica, che sfilano in prima fila e che avrebbero l’obbligo quanto meno di dissentire da aspetti e manifestazioni che spesso vanno ben oltre il semplice cattivo gusto. Ma, come ho detto si tratta di una visione distorta di chi vede il mondo fatto di diritti e di doveri, di rispetto per gli altri e di coerenza. Coerenza: termine che ha perso da tempo il valore di veicolo su cui dovrebbero viaggiare le idee, in un mondo in cui teorie e manipolazioni continuano a combattere una battaglia certamente perduta contro i sacrosanti principi di ciò che la storia dell’umanità ha comunque dimostrato essere fondamentali e quindi immutabili.
Sergio Franchi
La lotta del popolo israeliano non è una lotta di aggressione
Diritto internazionale e diritti vitali
Il dibattito è aperto nelle opinioni pubbliche di tutto il mondo, strumentalizzazioni di segno opposto muovono manifestazioni di piazza e violenze finalizzate. Agenzie internazionali indipendenti si schierano a sostenere posizioni di parte e sembra prevalere pericolosamente la tesi per cui Israele sia diventato uno stato fascista che commette atrocità e genocidi. E si parla di diritto internazionale e delle norme che regolano i rapporti tra nazioni per condannare l’attacco di Israele contro il l’Iran, si parla di leggi e di comportamenti per i quali non può esistere nessun ente supremo atto a definirne gli aspetti, a rilevarne l’infrazione e ad infliggere la punizione a chi non vi adempie. Ho passato buona parte della mia vita professionale all’interno delle Nazioni Uniti e proprio nell’ambito dell’attività del controllo della Pace; ma erano i tempi in cui in Consiglio di Sicurezza il rappresentante USA e quello Russo andavano a fare il break insieme dopo le riunioni. Ora le Nazioni Unite hanno perso ogni capacità di gestire le crisi, semplicemente perché sono le nazioni che le compongono a ripudiare questa capacità e dove intervengono spesso non ottengono grossi risultati; ed allora quale è la norma che regola i rapporti fra gli stati? Quella di Putin che aggredisce l’Ucraina dopo che, col trattato del 1994, la Russia si era fatta garante della sua difesa in cambio della consegna di 5000 ordigni nucleari presenti sul territorio ucraino?
Quella degli Stati Uniti che, nel 2003, sbandierano una bottiglietta di tintura di iodio, per giustificare l’aggressione dell’Iraq dopo che, nel 2001, avevano deciso di esportare la pax americana in quell’Afganistan, che abbandoneranno dopo 20 anni con una modalità ancor piu tragica di quella con cui lo avevano invaso? Non esiste un diritto internazionale per dirimere i grandi problemi fra le nazioni e la storia racconterà sempre i diritti dei popoli nella logica di quel popolo, di quel momento storico e di quella situazione politica. La Repubblica Islamica dell’Iran è la massima espressione codificata del fondamentalismo islamico nel mondo, sin dalla sua costituzione nel 1979; è il quartier generale dell’attività sovversiva nell’area. Ha gestito cellule che hanno compiuto attentati in mezzo mondo, finanzia ed organizza da decenni la fortissima milizia Libanese degli Hezbollah, Controlla Gaza con Hamas, mantiene l’attività di bombardamento con gli Houthi dallo Yemen a cui fornisce armi e finanziamenti, mantiene attività terroristiche in Iraq: l’Iran è la centrale mondiale della lotta contro tutto l’occidente e contro i suoi istituti democratici. La Carta Costituzionale della Repubblica Islamica dell’Iran contiene elementi che negano il diritto allo stato di Israele di esistere. Nel 2017 in piazza Palestina, a Teheran, il Governo della Guida Spirituale Khamenei ha fatto erigere un grandissimo orologio che non serviva per misurare il tempo ma indicava a ritroso i giorni, le ore ed i minuti che mancavano alla distruzione dello Stato di Israele. Da oltre un trentennio l’Iran continua a prendere in giro le democrazie occidentali e l’Agenzia dell’OCSE, che controlla l’osservanza del trattato di non proliferazione nucleare a cui l’Iran ha aderito nel 2015, continuando con il suo programma per l’arricchimento dell’uranio 235, ben oltre i limiti necessari e consentiti del 3-5 % previsti per la produzione di energia. A parte che appare semplicemente ridicolo che un paese che galleggia sul petrolio e che vive una realtà di paese in via di sviluppo decida di intraprendere un costosissimo programma per produrre energia nucleare. Recentemente, dopo un tira e molla che dura da anni con cui l’Iran, promette, nasconde ed imbroglia, l’Agenzia IEA dichiara che l’arricchimento dell’Iran è oltre il 60% e poi ipocritamente aggiunge che “non esiste una prova documentata che l’Iran stia costruendo un ordigno nucleare”. Non esiste nessunissima motivazione al mondo per arricchire l’uranio 235 oltre il 20%, se non per ragioni militari e cioè per realizzare ordigni nucleari. Secondo gli osservatori benpensanti, secondo i difensori del diritto internazionale, Israele non avrebbe dovuto attaccare la Repubblica Islamica, ed avrebbe dovuto aspettare che la presenza di bombe atomiche fosse stata verificata e che esse fossero pronte per essere lanciate al fine di realizzare il sogno degli Ayatollah: la totale eliminazione del popolo dell’unica democrazia dell’area. Non funziona così: considerando la realtà geografica e politica in cui è inserito, Israele ha il sacrosanto diritto di rispondere con una raffica di mitra a chiunque gli dia un calcio agli stinchi. La deterrenza è l’unica vera arma su cui può contare Israele e la deterrenza si impone con la paura di una reazione molto ma molto superiore all’offesa, per scoraggiare i nemici dall’offendere. Hamas sapeva perfettamente che la reazione alla strage del 7 ottobre sarebbe stata tremenda e che sarebbe stata pagata da donne vecchi e bambini : lo aveva chiaramente dichiarato il suo leader Ismail Haniyeh dal suo albergo a 5 stelle di Doha “abbiamo bisogno del sangue delle donne, dei bambini e degli anziani per risvegliare dentro di noi lo spirito rivoluzionario” e, facendosi scudo proprio dei civili e negando il rilascio degli ostaggi, Hamas ha provocato la strage immane in atto. Una strage che potrebbero arrestare rilasciando subito gli ostaggi ancora in vita ed i corpi di quelli deceduti. Ma l’obiettivo di Hamas non è la pace o il benessere del popolo palestinese; è il martirio islamico e, col martirio della povera gente palestinese, alimentare l’odio verso il popolo ebraico nelle piazze di mezzo mondo ed il risveglio dello spirito rivoluzionario nel mondo islamico contro la piccola democrazia di Israele. L’iran è stato bombardato, con migliaia di morti civili e distruzioni rilevanti, le sue rampe di lancio ridotte del 70%, i suoi vertici militari e politici quasi completamente eliminati, i suoi depositi di munizioni distrutti e la contraerea annullata, l’aeronautica neutralizzata, i siti nucleari fortemente danneggiati. Dopo una simbolica reazione contro le basi USA, annunciata in precedenza, che non ha causato nemmeno un ferito, la Guida Religiosa dichiara vittoriosamente di aver inferto una punizione al nemico ed indice manifestazioni di esultanza per la vittoria. Questo era ed è l’Iran, questo è il regime che guida il grande popolo persiano e che si appresta a riprendere il suo programma di costruzione di ordigni nucleari. Questo è il regime che ora sta dando la caccia agli oppositori interni consumando l’ennesima strage silenziosa. Questo è il governo che continuerà nel suo destino verso l’aberrazione, perché con un po’ di saggezza qualcuno potrebbe suggerire alla Guida Suprema, se riuscirà a scovarlo nel bunker in cui si è nascosto, che Israele già detiene decine di bombe atomiche e che non permetterà mai ad un altro stato di usarne una contro il suo popolo: perché la userà per primo.
Sergio Franchi