La statua del protettore degli appestati dalla Basilica della Madonna delle Grazie alla Collegiata di S. Giovanni
Una processione per San Rocco, l’antico patrono di Nettuno
Il patrono più antico di Nettuno è San Rocco. Egli precede, di duecento anni circa, la Madonna delle Grazie che fu proclamata patrona principale di Nettuno e Porto d’Anzio, nel 1854: compatroni San Rocco e San Sebastiano. Le statue di questi due santi e quella della Madonna delle Grazie, hanno avuto lo stesso destino. Tutte e tre venerate in Inghilterra, ad Ipswich, nel Suffolk, dove la Madonna delle Grazie era conosciuta come Our Lady of Grace, furono trafugate e salvate da marina cattolici, dalla furia di Enrico VIII, re d’Inghilterra, che voleva bruciare tutti i simboli legati alla Chiesa cattolica, per un diverbio col papa Clemente VII, della famiglia de’ Medici, che non volle concedergli il divorzio da Caterina d’Aragona, per sposare Anna Bolena, tra le più belle signore del tempo. Nel 1531 cominciò quindi a staccarsi dalla Chiesa cattolica e dal papa, proclamandosi capo della Chiesa anglicana. Le tre statue inglesi, furono nascoste per molto tempo, imbarcate e allontanate dall’isola britannica. Arrivarono a Nettuno nel 1550, trasportate dallo stesso vascello e lasciate nella chisetta dedicate alla SS. Annunziata. In un manoscritto antico, risalente al 1718, rinvenuto tra le carte di tal Giuseppe Del Monte nel 1806, è scritto: “…Ed allora fu levate dall’altare della poppa, come solito tenervi i cristiani le statue della Beata Vergine e quelle delli Santi Rocco e Sebastiano; furono collocate dal popolo che vi accorse dentro la chiesa suddetta dell’Annunziata, cioè nell’unica nicchia che vi stava nell’altare”.
La Chiesa dell’Annunziata, oggi Basilica di Nostra Signora delle Grazie e Santa Maria Goretti, è anche detta di San Rocco, il santo protettore degli appestati, contagiati, emarginati, il più invocato e pregato dalla popolazione di Nettuno, colpita dall’epidemia della peste nel 1656.
All’epoca, Nettuno, era di proprietà della Camera Apostolica, già dal 1594, quando la vedova Felice Orsini per estinguere ingenti debiti, aveva venduto al papa Clemente VIII Aldobrandini, il castello di Nettuno con tutto il suo territorio, compreso il porto e Torre Astura. Questo avvenne dieci anni dopo la morte del condottiero Marco Antonio Colonna. Altri pontefici gli succedettero: Leone XI, Paolo V, Gregorio XV, Urbano VIII, Innocenzo X, fino ad arrivare ad Alessandro VII Chigi, eletto nel 1655, il pontefice che fece costruire la merlatura a coda di rondine sul parapetto del forte Sangallo (il suo stemma si è staccato dieci anni fa e non è stato ancora rimesso al suo posto), nell’anno in cui la peste raggiunse Napoli e Roma, a causa di un marinaio napoletano che prese alloggio in un albergo di Trastevere. Sempre da Napoli, il flagello della peste penetrò a Nettuno e ridusse la popolazione a ottocento abitanti. Non sappiamo quanti abitanti aveva prima, ma considerando che solo sei anni prima, nel 1650, l’Anno Santo, duecento uomini e trecento donne si recarono a Roma in pellegrinaggio per l’acquisto del Santo Giubileo, si può dedurre che dovevano essere almeno duemila.
Com’era Nettuno durante l’epidemia? Molto diversa dalla stampa del 1538; la muraglia di difesa esterna era sparita e fuori dalla città fortificata erano presenti cinque chiese: San Bartolomeo, oggi S. Francesco, San Biagio, l’Annunziata (già citata), S. Maria del Quarto, S. Croce. All’interno del castello erano presenti: V.S. Assunta in Cielo (S. Giovanni), SS. Sacramento, l’oratorio del Carmine. L’ingresso al castello avveniva attraverso il ponte levatoio che sovrastava un fossato; l’acqua circondava tutta la parte nord. Questo era lo scenario della tragedia che fece centinaia di morti. Sulla città vuota, incombeva un silenzio profondo, da farla sembrare addormentata sotto le sue torri. Nella piazza cumuli di cadaveri giacevano adagiati uno a fianco all’altro. Di tanto in tanto i morti venivano caricati sui carretti per sepperlirli al cimitero della Chiesa di S. Nicola; quando non ci fu più spazio se ne creò un altro davanti la Chiesa di S. Francesco. Gli ammalati meno gravi erano curati in casa, gli altri, invece, furono internati nella Chiesa di S. Croce, trasformata in lazzaretto. Chi poteva andava a chiedere intercessione di grazia a San Rocco. Nel timore che l’epidemia si diffondesse mediate le carte vecchie, si bruciarono libri, registri e documenti antichi, perciò il più antico registro di battesimo esistente è del 1657.
Silvano Casaldi