Gli effetti negativi della legge Madia per l’accorpamento all’Arma dei Carabinieri
I forestali vogliono essere risarciti
La Riforma Madia, formalmente Legge 7 agosto 2015, n. 124, ha rappresentato un tentativo mal riuscito di modernizzare l’organizzazione burocratica del nostro Paese; l’intento era quello di rendere la macchina dello stato più efficiente e più semplice riducendo sprechi e sovrapposizioni, ma i risultati sono stati molto controversi. La carenza di costituzionalità di alcuni suoi decreti attuativi, il pessimo coordinamento con le Regioni, la scarsa attuabilità di alcuni aspetti e le resistenze sull’applicazione di altri, offrono una connotazione globalmente negativa.
Un esempio pratico di come si fanno danni con leggi sbagliate è riscontrabile nell’aspetto della riforma che riguarda l’abolizione del Corpo Forestale dello Stato, con la transizione delle funzioni dello stesso nell’Arma dei Carabinieri e la creazione dei cosiddetti Carabinieri Forestali. In un mondo che cerca sempre più l’efficienza nella specializzazione, la riforma Madia elimina, su tutto il territorio nazionale, tranne che nelle Regioni a Statuto Speciale e nelle Province Autonome, un’organizzazione nata nel 1822, prima dell’unità d’Italia, ben radicata nei territori, con una sua specificità collaudata nei decenni di dedizione alla difesa della natura. Ma il danno peggiore sta nel vero e proprio smembramento dell’organizzazione nelle sue mansioni specifiche con la perdita di professionalità e di capacità operativa. Il personale è stato riassegnato in vari enti con la gran parte che è confluita nell’Arma dei Carabinieri, creando situazioni spesso difficili nelle nuove funzioni.
Non è chiara la ragione di tutto questo che, a livello del personale ha reso beneficio a pochi e disagio a molti, specialmente a coloro che sono stati riassegnati in altri enti e che certamente ha indebolito la funzione storica della protezione della natura. Ma anche coloro che sono diventati Carabinieri Forestali, tranne i gradi più elevati, hanno fortemente sofferto per il cambio drastico di vita e di attività lavorativa.
A parte l’aspetto esistenziale, che non è certamente trascurabile, esiste un aspetto legale di cui la riforma non ha tenuto conto e cioè il fatto che molti cittadini impiegati in un Corpo civile dello Stato si sono trovati ad essere militarizzati senza averlo chiesto. Il caso è stato portato, da alcuni ex agenti del Corpo Forestale traferiti nell’Arma dei Carabinieri, all’attenzione della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo in quanto il loro trasferimento lede i loro diritti fondamentali.
Secondo il ricorso di alcuni Carabinieri Forestali il loro nuovo status limita e preclude loro alcuni diritti fondamentali come quello di libera associazione ed al dissenso manifestato attraverso il diritto allo sciopero. Con decisione del 24 ottobre 2024, la Corte ha avviato un’istruttoria e ha giudicato la vicenda come una violazione dei diritti dei dipendenti. Ha ribadito la fondatezza dei ricorrenti e chiesto chiarimenti al Governo italiano. Giova ricordare che la Corte Costituzionale aveva dichiarato legittimo l’accorpamento, ritenendo prevalente l’interesse pubblico rispetto al cambiamento di stato di alcuni cittadini, decisione che lascia molto a pensare e crea una situazione molto delicata a livello dei diritti. La CEDU ha ritenuto opportuno invitare il Governo Italiano a considerare la possibilità di una risoluzione amichevole. Questo segnale è stato interpretato da diversi sindacati come un “monito” per l’esecutivo italiano.
Una proposta conciliativa è stata rivolta dal SiULM (Sindacato Unitario Lavoratori Militari) e sottoscritta da circa 2000 Carabinieri Forestali, con la richiesta di un risarcimento per il danno subito quantificato in 35.000 euro per ogni ricorrente. Il ricorso è stato depositato dallo Studio Legale Ruta presso il Tribunale Civile di primo grado e si è in attesa della decisione del Governo di aderire all’istanza di negoziazione assistita.
Comunque finisca di questa faccenda resta l’amaro in bocca per l’ennesima situazione di disagio che una legge dissennata ed inopportuna, che non ha semplificato, non ha ridotto i costi e non ha certamente incrementata l’efficienza, ha creato e continuerà a creare fino a quando non verranno ristabilite le modalità più adatte a trattare i territori e la difesa del loro equilibrio, con la ricostituzione del benemerito Corpo Forestale dello Stato su tutto il territorio nazionale.
Sergio Franchi
La zona archeologica era stata occupata abusivamente
Sgomberate le grotte
Sono state sgomberate le “Grotte” di Nerone, la zona archeologica sottostante piazzale Nassirya che era stata occupata da alcune persone anche per pernottare. Personale del Comune ha provveduto ad allontanare un uomo che si trovava ancora all’interno dei resti dell’antico porto neroniano e quindi a chiudere l’area con delle reti metalliche.
“È pronta anche un’ordinanza di interdizione dell’area – dice il sindaco, Aurelio Lo Fazio – dove purtroppo continua anche l’uso come spiaggia libera. Per il resto attendiamo un vertice con la Soprintendenza sia per la riapertura del parco archeologico sia per le indicazioni necessarie alla messa in sicurezza dell’intera area”.
“Ringrazio il personale degli uffici – dice il vice sindaco e assessore al Demanio, Pietro Di Dionisio – che ha eseguito la chiusura. Nelle scorse settimane, a più riprese, erano intervenuti gli agenti della polizia locale per allontanare chi aveva posizionato ombrelloni, ma poco dopo la situazione era la stessa. Nel frattempo c’è chi aveva deciso persino di ‘albergare’ tra i resti e siamo intervenuti con questa soluzione”.
Comune di Anzio
Mozione antenne
“Dispiace leggere che la maggioranza si sarebbe piegata sulla vicenda delle antenne, quando non è così”. A dirlo, in Consiglio comunale, è stato il sindaco Aurelio Lo Fazio, rispondendo a quanto affermato da ‘Noi Moderati’ a mezzo stampa, mentre ancora la riunione era in corso.
“Abbiamo proposto un emendamento che è stato votato, cosa che rende la mozione presentata dalla minoranza reale e applicabile. Senza il nostro contributo sarebbe stata la solita fuffa per apparire”.
L’emendamento di maggioranza (approvato con 20 voti favorevoli e 3 astenuti) ha portato all’eliminazione dalla mozione del passaggio nel quale si chiedeva la “sospensione delle concessioni per l’installazione di stazioni radio base” che è stato sostituito con: “si impegna l’amministrazione comunale, in collaborazione con Arpa Lazio, ad adeguare il regolamento esistente sulle antenne e ad effettuare una mappatura del territorio attraverso i rilevamenti dei campi elettromagnetici con strumenti di nuova generazione, utile alla definizione del piano antenne del Comune di Anzio”.
Il vice sindaco Pietro Di Dionisio e l’assessore Luca Brignone avevano evidenziato come nei giorni scorsi, l’argomento era stato trattato dalle commissioni congiunte Ambiente e Urbanistica proprio con esperti dell’Arpa e che Anzio sarà “Comune pilota” nel monitoraggio delle onde elettromagnetiche”.
La mozione, dopo l’approvazione dell’emendamento, è passata con 22 voti favorevoli e 1 astenuto.
Comune di Anzio