RUSSIA
il gigante euroasiatico
(1ª parte)
di Francesco Bonanni
La vasta regione che conosciamo come Russia è un complesso formato da realtà molto diverse: dai territori alle lingue e alle stesse etnie. E ciò è frutto non solo della sua vastità ma anche della sua storia. Difatti oltre alla Russia Europea, situata nel centro occidentale (che rappresenta il cuore stesso dello Stato), vi sono le estese zone dell’Asia Centrale con il Caucaso, la Siberia fino all’Estremo Oriente con tutti i vasti territori situati lungo la costa del Mar Glaciale Artico. La Russia è lo Stato al mondo con il maggior numero di Paesi confinanti, ben quattordici e se si considerano quelli a ridotto riconoscimento internazionale, quale ad esempio la Crimea, salgono addirittura a diciannove.
Inoltre non disponendo di frontiere naturali che possano garantire una sicura difesa dei suoi confini, questo colosso euroasiatico ha sempre sofferto della sindrome del pericolo di una eventuale facile invasione sia da Occidente che da Oriente. Ha sofferto di questo complesso indifferentemente sin dall’epoca zarista, poi sovietica, fino ai nostri giorni, poiché nella sua lunga storia ha subito un numero rilevante di invasioni. Effettivamente le più antiche civiltà comparse nei suoi territori si stanziarono nelle vaste steppe meridionali situate tra i fiumi Dnestr e l’Ural che rappresentarono zone di passaggio tra l’Europa e L’Asia.
Per oltre duemila anni in questi territori si avvicendarono varie popolazioni nomadi e seminomadi asiatiche:
I Cimmeri (1200 a.C-700 a,C.)
Gli Sciti (700 a.C.-300 a.C.)
I Sarmati (300 a.C.-375a.C.
I Goti (200 a.C.-375 a.C.)
Gli Unni (375 a.C.-453 )
Gli Avari (560 -630)
I Chazary (600-669)
Tutte queste Popolazioni rimasero per lungo tempo a margine dell’immensa zona delle foreste settentrionali ove già all’inizio del Primo Millennio si erano stanziate tribù di Finni e di Balti che dal V-VI secolo furono seguite da tribù degli Slavi Occidentali. E furono proprio gli Slavi Occidentali a formare il primo nucleo organico del popolo russo. A metà del IX secolo un Popolo originario della Scandinavia, i Variaghi (Vichinghi Orientali), costituì una posizione dominante nella Capitale slava di Novgorod. Anche se i Variaghi si fusero in tempi piuttosto brevi con la maggioritaria Popolazione slava, la loro Dinastia, i Rjurikidi, rimasero al potere per vari secoli durante i quali strinsero stretti rapporti con la Chiesa Ortodossa di Costantinopoli e spostarono la loro Capitale a Kiev. È in questo periodo che il termine Rhos o Rus’, che inizialmente era riferito solo ai Variaghi, finì successivamente per indicare tutti gli Slavi che popolavano la regione. Tra il X e l’XI secolo la Rus’ di Kiev divenne lo Stato più grande d’Europa ed uno dei più prosperi e ciò grazie alla felice posizione commerciale tra l’Europa e l’Asia. Successivamente però a causa della sua frammentazione, in parte dovuta all’apertura di nuove vie commerciali con l’Oriente all’epoca delle Crociate del XII secolo, avvenne il declino dello Stato di Kiev.
Domenica 16 febbraio - ore 17.00
L’Opera lirica spiegata
dal m° Carlo Liberatori
GiuseppeVERDI
(melodramma in tre atti)
Libretto di Antonio Somma
Prima rappresentazione: Teatro Apollo di Roma 17 febbraio 1859
Il soggetto, scelto alla fine di un intenso lavoro di ricerca, era stato scritto 15 anni prima da Scribe per le scene francesi e musicato da Auber. Somma era un letterato insigne, ma un librettista inesperto, e il ruolo di Verdi nella stesura del testo fu di conseguenza determinante. A metà novembre del 1858, la censura napoletana richiese la modifica del luogo d’azione (in origine la Svezia) e dello status sociale del protagonista che non doveva essere un monarca. Verdi accondiscese ma altri ostacoli si sovrapposero. Il grande compositore decise di eseguire, allora, l’opera a Roma anziché a Napoli. L’azione fu ambientata nel XVII secolo in America settentrionale (Boston). Riccardo, il protagonista, perse il titolo di duca per assumere quello di conte.
La prima rappresentazione, seppure con una prestazione non positiva dei cantanti, ebbe un grande successo di pubblico e confermò la fama del grande bussetano.
Notevoli sono le influenze dell’opera francese, non solo nella combinazione di elementi ironici e drammatici, ma anche nelle scene ambientate a corte e per la parte del paggio Oscar dallo stile leggero ed elegante. Rilevante è anche l’impiego di motivi conduttori: tra tutti il tema staccato dei congiurati Samuel e Tom, la preghiera di Amelia enunciata nel terzetto con Ulrica e Riccardo proposta nel preludio del secondo atto e naturalmente il motivo dell’amore dello stesso governatore di Boston per Amelia, moglie del suo migliore amico e suo segretario personale Renato.
La maturazione del linguaggio melodrammatico portò Verdi all’uso di armonie raffinate in senso coloristico (Dio dell’abisso… di Ulrica allo splendido preludio del II atto) all’aggiornamento di talune formule del repertorio tradizionale e all’approfondimento drammatico del monologo (Amelia, atto II – Renato, atto III).
Nel corso dell’ottocento l’opera divenne una delle più amate e rappresentate di Verdi anche se poco conciliabili con teatri minori: la presenza di ben cinque personaggi importanti in scena e la necessità di reperire tre voci femminili (Amelia, Oscar, Ulrica) tutte tecnicamente dotate e di carattere diverso. Al contrario degli anni ’20, nei quali l’opera non fu molto eseguita, si è riconosciuto, attualmente, alla stessa il merito di essere collocata tra i capolavori del Cigno di Busseto.
La vicenda
Riccardo, governatore di Boston, ama segretamente Amelia moglie del suo segretario personale e grande amico Renato. Per assoluta curiosità e spinto dal paggio Oscar, travestito da semplice marinaio, fa visita all’indovina Ulrica dalla quale apprende con stupore misto ad una beffarda ironia che verrà ucciso da colui al quale stringerà per primo la mano. Renato è l’autore del gesto relativo al sinistro vaticinio.
Amelia, in cerca di un’erba miracolosa, si reca all’orrido campo dei condannati a morte su suggerimento della stessa Ulrica. Là incontra Riccardo che le manifesta tutto il suo amore. Sopraggiunge Renato, messaggero di un imminente arrivo dei congiurati. Amelia, in preda ad una viva agitazione, nasconde il suo viso sotto un velo. Riccardo non perde il suo sangue freddo e, mentre si allontana, ordina a Renato di scortare la donna velata fino alle porte della città rispettando il suo anonimato. Giungono i cospiratori e, irritati dalla fuga del governatore, vogliono svelare l’identità della donna velata. Renato, in ossequio all’ordine ricevuto, difende strenuamente la donna che, al culmine della concitazione perde il velo protettivo. Al colmo di odio e vergogna, Renato giura di vendicarsi e convoca a corte per l’indomani i congiurati Samuel e Tom. Dopo un drammatico confronto con la moglie, la condanna a morte ma le concede di rivedere per l’ultima volta il figlio. Assieme a Samuel e Tom verrà estratto da un’urna il nome di colui che ucciderà Riccardo: il destino vuole che a compiere tale insano gesto sarà lo stesso Renato. Un ballo in maschera a corte, organizzato dal governatore, sarà l’occasione propizia a compiere il tragico gesto. Mentre Riccardo e Amelia dichiarano il loro amore decidendo di lasciarsi, Renato colpisce a morte il suo amico. Tra l’orrore dei presenti, l’omicida viene smascherato. Mentre l’autore della tragedia sente crescere dentro di sé la commozione ed il rimorso, Riccardo gli si rivolge: Amelia è pura ed egli intendeva rinunciare per sempre a lei. Perdonato, poi, l’amico di un tempo, il conte spira.