del ministero per i beni culturali, Edith Gabrielli e Maria Giuseppina Di Monte (la prima come direttrice del Polo museale statale; la seconda come direttrice del Museo Manzù) in una lettera inviata agli eredi Manzù accordavano “l’autorizzazione a traslare la salma di Giacomo Manzù dal sacrario situato all’interno del giardino del museo Giacomo Manzù. Al fine di procedere alla traslazione della salma, si prega – scriveva ancora Edith Gabrielli – di concordare con la dottoressa Di Monte la data e l’orario per le operazioni necessarie. Sarà nostra cura, una volta terminata la traslazione, provvedere al restauro del sacrario di proprietà del museo”.
Gli eredi Manzù, sempre in silenzio e di nascosto, si affrettavano subito ad incaricare una agenzia funebre per la traslazione, cioè per la rimozione della salma di Giacomo Manzù, fissata per il giorno 3 giugno 2019, alle ore 16. Per fare cosa? Volevano portarla a San Benedetto del Tronto per la cremazione. I cittadini della comunita’ di Ardea, per un caso, vengono a sapere di quello che stava avvenendo e lo annunciano pubblicamente. A questo punto si scopre che Mario Savarese, sindaco di Ardea, sapeva tutto e in un comunicato stampa dichiara che si era messo “umilmente e devotamente” a disposizione della famiglia come se Manzù fosse un illustre sconosciuto.
Il lettore deve sapere due cose che Mario Savarese ignorava: 1) il sindaco, quale ufficiale di Governo è ufficiale dello Stato civile (art.1, comma 2, del DPR 396/2000); 2) la cremazione deve essere autorizzata dal Sindaco, come ufficiale di governo dello Stato civile, sulla base della volontà testamentaria espressa in tal senso dal defunto” (art. 79 del DPR 285/1990). Quello che gli eredi Manzù stavano per fare, con il tacito avvallo del sindaco Savarese, non era conforme alla legge.
Il 23 maggio 2019 il consiglio comunale di Ardea approvava all’unanimità una mozione, presente anche il sindaco Savarese, per far rispettare, nell’interesse generale, la volontà di Giacomo Manzù di riposare in pace nel luogo dove aveva scelto di essere sepolto. Lo stesso 23 maggio 2019 gli eredi Manzù, come prevede la legge, chiedono ufficialmente al Comune di Ardea “l’autorizzazione per la cremazione della salma” di Giacomo Manzù a San Benedetto del Tronto.
Nel modulo di richiesta non viene sbarrata la casella “Si allega disposizione testamentaria del defunto”, ma soltanto quella dell’atto scritto da cui risulti “la volontà dei parenti di procedere alla cremazione del defunto” che tra l’altro non viene allegato.
Il 30 maggio 2019 l’ufficiale di governo dello stato civile del comune di Ardea, come rappresentante dello Stato Italiano, esamina attentamente la documentazione e comunica subito agli eredi Manzù che non ci sono le condizioni “normativamente previste dalla legge per l’autorizzazione alla cremazione” elencando tutta una serie di motivazioni e chiedendo, tra l’altro di integrare la documentazione presentata che era assolutamente incompleta. Tra la documentazione presentata, come risulta dall’accesso agli atti, c’era anche una copia del testamento dattiloscritto di Giacomo Manzù con l’aggiunta a penna di voler “essere sepolto ” come confermato anche dal notaio: autorizzare la cremazione di Manzù, che voleva “essere sepolto ” sarebbe stato un reato.
Gli eredi Manzù avrebbero potuto fare ricorso al tribunale di Velletri, come previsto dall’ordinamento dello Stato civile (art. 95 del DPR 396/2000) per ottenere in via giudiziaria, se ne avevano il diritto, quella autorizzazione alla cremazione della salma di Giacomo Manzù che l’ufficiale di governo dello stato civile del comune di Ardea aveva negato. Scegliere questa via significava mettere chiaramente tutte le carte in tavola per un vero giudizio di legittimità.
Un anno dopo (il 12 marzo 2020), invece, viene scelta una via meno trasparente, quella “amministrativa”, con un ricorso al Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio.
IL RICORSO Al TAR
Il ricorso al TAR degli eredi Manzù inizia con un vero e proprio atto di accusa verso il sindaco Savarese per gli impegni “programmati” e non mantenuti perché “in data 23 maggio 2019 il medesimo sindaco, virando inopinatamente prospettiva, inoltrava agli eredi odierni ricorrenti una lettera di invito a valutare l’ipotesi inversa a quella programmata: ossia collocare le ceneri di Inge Manzù accanto alla tomba dell’artista nel giardino del museo”.
Nel ricorso al TAR per il Lazio si chiedeva di riaprire, in qualche modo, il procedimento amministrativo che il comune di Ardea aveva definito il 30 maggio 2019 con un formale diniego.. Il 17 giugno 2020, in attesa del giudizio davanti al TAR per il Lazio, il comune di Ardea aveva comunicato una seconda volta agli eredi Manzù, con la segretaria comunale e la responsabile dell’ufficio di stato civile, che la loro richiesta di cremazione della salma di Giacomo Manzù era del tutto “inammissibile e improcedibile” considerato anche il fatto che “il maestro Manzù costituisce oramai patrimonio culturale del nostro Paese e, in particolare, della comunità di Ardea in cui si è identificato fino a manifestare il desiderio di esservi sepolto”.
La SENTENZA del TAR
Il TAR per il Lazio, dopo aver preso atto 1) delle contraddittorie dichiarazioni rilasciate alla stampa dal Sindaco Savarese; 2) della anomala ed ingiustificata autorizzazione rilasciata da Gabrielli e Di Monte; 3) della costituzione in giudizio del comune di Ardea che dichiarava, senza alcun senso, la propria “incompetenza”, decideva quanto segue come c’è scritto nella sentenza del 24 giugno 2020.
“La domanda presentata in data 23 maggio 2019 prot. n. 2019-0031667 (dagli eredi Manzù ndr) presso il comune di Ardea aveva un duplice oggetto 1) l’autorizzazione alla cremazione; 2) l’autorizzazione alla estumulazione e traslazione dal territorio del comune di Ardea al cimitero di San Benedetto del Tronto.”
Scrive ancora il TAR nella sua “sentenza”: “Sebbene formulate in unico contesto si trattava di due domande distinte e specifiche su ognuna delle quali l’Ente era quindi chiamato a provvedere”.
“Fermo restando il diniego espresso per la cremazione”, come comunicato anche dall’avvocato nominato dal comune di Ardea al sindaco Savarese in un nota del 30 luglio 2020, secondo il TAR del Lazio “persiste, dunque, l’interesse alla decisione della causa in ordine alla domanda di accertamento dell’obbligo dell’Ente di provvedere sulla istanza di estumulazione e di traslazione” della salma di Giacomo Manzù.
Il TAR per il Lazio, astutamente, riapriva in questo modo il procedimento amministrativo assegnando un mese di tempo al comune di Ardea per il provvedimento finale in merito a “estumulazione e traslazione” anche se gli eredi Manzù avevano chiesto espressamente, il 23 maggio 2019, solo la cremazione della salma che non era stata autorizzata.
Leggendo tutto questo il lettore non può che rimanere sconcertato perché se l’ufficio di stato civile del comune di Ardea aveva negato, come prevede la legge, “ l’autorizzazione alla cremazione ” era ovvio che la salma di Manzù non poteva essere portata via.
A questo punto, secondo il parere dell’avvocato, il comune di Ardea aveva due alternative: 1) concludere il procedimento negando per la terza volta anche l’autorizzazione alla traslazione per la cremazione della salma di Giacomo; 2) lasciar decidere la questione ad un commissario ad acta nominato dal ministero dell’interno nel caso in cui il comune di Ardea, entro 30 giorni, non avesse provveduto”.
Il sindaco di Ardea, concludeva l’avvocato, avrebbe comunque potuto “fare ricorso contro la decisione commissariale” perché l’ufficio di stato civile del comune di Ardea aveva fatto rispettare la legge.
ARRIVA il COMMISSARIO
Il comune di Ardea, il 25 agosto 2020, con l’ufficiale di governo dello stato civile negava per la terza volta l’autorizzazione alla “estumulazione e cremazione” della salma di Giacomo Manzù concludendo in via definitiva il procedimento ammnistrativo.
Anche questa volta gli eredi Manzù avrebbero potuto fare ricorso al tribunale di Velletri per ottenere, sempre se ne avevano diritto, quello che chiedevano. Non lo hanno fatto in fiduciosa attesa, evidentemente, di un commissario ministeriale che avrebbe autorizzato quello che volevano fare.
Il 31 agosto 2020, infatti, il commissario Giancarlo Dionisi si insediava alla scadenza del primo termine fissato dal TAR come se ad Ardea non ci fosse una amministrazione o un vero sindaco.
Circa tre mesi dopo, il 26 novembre 2020, con una sua deliberazione, il commissario del ministero dell’interno si sostituiva al comune di Ardea decidendo di accogliere “la richiesta degli eredi Manzù finalizzata alla estumulazione ed al trasporto” della salma di Giacomo Manzù. Nessuna disposizione era prevista per autorizzare quella cremazione che il comune di Ardea aveva negato per ben tre volte.
Come denunciato in un esposto alla Procura della Repubblica di Velletri, presentato dai rappresentati legali di dieci associazioni di cittadini nel mese di gennaio 2021, il commissario Giancarlo Dionisi per motivare la sua decisione errava nella lettura del testamento di Giacomo Manzù e dove c’era scritto “essere sepolto” leggeva “essere esposto” e dove c’era scritto “Ardea” leggeva “Aprilia” come se Giacomo Manzù non fosse stato in grado di capire dove abitava.
La cosa ancora più grave era quello che il commissario aveva fatto con la lettura data al testamento della vedova dell’artista morta il 6 maggio 2018 e fatta cremare, dopo l’autorizzazione del comune di Aprilia, nonostante il fatto che nel suo testamento avesse manifestato la volontà di essere sepolta.
ll commissario Giancarlo Dionisi, con citazioni fuori contesto del testamento di Inge Manzù (come aveva fatto nel maggio 2019 il sindaco Savarese), interpretava al contrario quella che era la sua effettiva volontà. Inge Manzù aveva una “paura” e lo scrive nel suo testamento: temeva che lo stato, senza rispettare gli impegni presi, trasferisse le opere del Museo Manzù da Ardea a Roma. Solo in quel caso, di fronte ad un museo vuoto, la salma (non la cenere) di Manzù doveva essere trasferita altrove. Il commissario, nella sua deliberazione, aveva dimenticato di citare la condizione fondamentale posta dalla vedova per il trasferimento della salma di Manzù come facevano subito notare i cittadini della comunità di Ardea in una lettera aperta pubblicata dai
giornali ed inviata anche al capo di gabinetto del ministero dell’interno.
La LOGICA della FORZA
Il Sindaco di Ardea, nell’interesse generale, avrebbe potuto e dovuto fare ricorso contro l’atto del commissario, come consigliava l’avvocato del comune, in nome della legalita’, della verita’ e della giustizia, ma da quel momento in poi Mario Savarese rilasciava assurde dichiarazioni, (d’accordo con il commissario Dionisi che “sosteneva la prevalenza dell’interesse privato su quelli pubblici”) fino ad affermare che Giacomo Manzù non voleva essere sepolto ad Ardea e che, addirittura, era stato sepolto nel giardino del suo museo senza le necessarie autorizzazioni.
Da questo momento, nel caso Manzu’ sarà la logica della forza a prevalere per imporre, con diffide ed intimazioni, una decisione ingiusta ed ingiustificabile.
Il sindaco di Ardea Mario Savarese, in un primo tempo, non si assumeva la responsabilità di dare esecuzione in prima persona alla deliberazione del commissario, ma “sollecitava” in vario modo, direttamente o indirettamente, l’ufficio dello Stato civile, di cui il sindaco è titolare come ufficiale di governo, a provvedere. Le pressioni diventavano più insistenti e pressanti a partire dal 3 dicembre 2020 quando il commissario Dionisi inviava lettere al sindaco di Ardea nelle quali prima “si pregava” e poi “si intimava” perentoriamente di autorizzare oltre la “estumulazione e traslazione” anche quella “cremazione” della salma di Giacomo Manzù che non aveva previsto nella sua deliberazione del 26 novembre 2020.
Il giorno 5 gennaio 2021, il dirigente dell’area tecnica Emanuele Calcagni del comune di Ardea, rilasciava “nulla osta all’estumulazione della salma di Giacomo Manzù” e Mario Savarese decideva di firmare l’autorizzazione alla cremazione”.
Nel consiglio comunale del 12 gennaio tentava di “giustificare” la sua decisione con il timore di essere citato in tribunale dagli “eredi del defunto” per il risarcimento di presunti danni assolutamente inesistenti visto che l’ufficio di stato civile del comune di Ardea aveva fatto rispettare la legge.
Alla LUCE
della VERITA’
I cittadini della comunita’ di Ardea, insieme ai cittadini di altre comunità locali, hanno fatto il loro dovere civico per onorare la memoria di Giacomo Manzù e continueranno a far conoscere, a livello locale e nazionale, la verita’ sul caso Manzu’.
Nel loro esposto alla Procura della Repubblica di Velletri “hanno chiesto di disporre gli opportuni accertamenti in ordine ai fatti esposti in narrativa valutando gli eventuali profili di illiceità penale degli stessi e, nel caso, individuare i possibili responsabili e procedere nei loro confronti”.
Di fronte alla logica della forza continueremo, nonostante tutto, ad invocare il diritto alla giustizia.
I cittadini della Comunità di Ardea