LA LEGGENDA
È normale che ogni fenomeno naturale di grande impatto susciti varie leggende popolari. E così è avvenuto anche per il nostro gorgo scozzese. Ne proponiamo una.
“Un principe scandinavo si era innamorato della principessa di una delle isole. Il padre della principessa aveva promesso di concedergliela se fosse stato in grado di dimostrare il suo coraggio ancorando la sua barca per tre giorni e per tre notti nel gorgo di Corryvreckan. Il principe fece allora fabbricare tre corde per riuscire nell’impresa: una di canapa, una di lana, una di capelli intrecciati di una fanciulla norvegese, la cui purezza avrebbe reso la corda indistruttibile. Ma, ahimè, tutte e tre le corde si ruppero: il primo giorno quella di canapa, il secondo giorno quella di lana, il terzo giorno quella fatta di treccia di capelli. La barca scomparì sul fondo del mare. Quando l’unico superstite al naufragio riemerse dalle acque, portando a riva le spoglie del principe, la fanciulla norvegese, attanagliata dal senso di colpa, confessò il motivo per cui la terza corda si era spezzata….”.
Il Guardiano del Faro
ITALO CALVINO in pillole/3
di Paola Leoncini
Scienza, fantascienza e arte
In qualità di scrittore molti di noi lettori siamo indotti a pensare che Calvino sia sempre stato interessato al lato umanistico del sapere, invece Calvino amava la scienza e la fantascienza, dimostrando queste sue passioni nell'inventare storie quali Le Cosmocomiche e T con Zero.
Dove eravamo rimasti?
Eravamo rimasti a T con Zero, ideale seguito delle Cosmocomiche, ma solo nella prima parte. Il romanzo è diviso in tre parti di cui seconda e terza differiscono molto dalla prima, dando al lettore l'impressione di leggere altre storie diverse. Nella seconda metà del romanzo Calvino cambia anche stile di scrittura, avvicinandosi quasi al fumettistico, con le battute dei personaggi che sembrano racchiuse nelle "nuvolette" dei comics.
Calvino, ambientalista ante-litteram
Ulteriore particolare è l'ingresso dell'ecologia nel suo racconto, che rende l'autore un antesignano del tema, trattandolo molto prima di quando se n'è cominciato a parlare (il romanzo risale al 1967). Nella seconda parte, per esempio, il personaggio Sybil immagina una Luna di plastica, metallo e cemento, che cade sulla Terra rovinandone la superficie, mentre, nella terza parte Qfwfq, l'alieno delle Cosmocomiche, inseguendo un volatile variopinto, finisce in un continente sconosciuto, popolato da uccelli e altre creature ignote che, forse, avevano abitato il pianeta molto tempo addietro, prima di una ipotetica catastrofe naturale.
Il suo capolavoro
Ma Calvino raggiunge il culmine della sua fantasia sfrenata nel romanzo Le Città Invisibili, opera quasi sperimentale, in cui si cala nel personaggio di Marco Polo che racconta ad un Kublai Khan, triste e frustrato dall'isolamento nel suo regno, il mondo che è fuori, costituito da città incredibili, molte delle quali sembrano uscite dai celebri pennelli di Dalì, Magritte, Escher e De Chirico.
Questo romanzo merita più di una recensione. Per esso andrebbe scritto un trattato a sé, ma lo spazio concesso è limitato, dunque, il seguito al prossimo articolo.
OSSERVATORIO LINGUISTICO
Rubrica aperta ai contributi
di tutti gli interessati
Stile, lessico e testo
di Giancarlo Marchesini
Mi si rimprovera talvolta di usare uno stile troppo ricercato, di difficile comprensione, oscuro e, diciamolo francamente, saccente. Quest’ultimo termine si riferisce a una persona che tende presuntuosamente a far mostra di ciò che sa. Devo difendermi da queste accuse o ignorarle? Se fossi veramente saccente direi che sto scrivendo un intervento Cicero pro domo sua, lasciando agli altri il compito di sapere perché mai Cicerone abbia scritto un’orazione per difendere se stesso. Ma la mia difesa è un’altra.
La mia difesa consiste nel prendere in considerazione il testo e la materia che vi è trattata, nel mio caso linguistica, semiotica, traduzione e critica cinematografica. È evidente che qualsiasi termine dotto può essere descritto con altre parole.
Possiamo spiegare ad esempio che la figura retorica dell’“ipotiposi”è una rappresentazione della realtà talmente plastica e accurata da farci balzare agli occhi quello che l’autore sta descrivendo. Vi do un esempio: anni fa, stavo percorrendo in macchina la strada che porta da San Guido a Bolgheri e non potei fare a meno di recitare a me stesso i primi versi della poesia di Carducci «I cipressi che a Bolgheri alti e schietti van da San Guido in duplice filar, quasi in corsa giganti giovinetti mi balzarono incontro e mi guardar». L’impressione visiva e mentale fu talmente vivida che mi venne il dubbio che la poesia di Carducci avesse servito da modello al paesaggista che ha progettato la strada e non viceversa.
Come vedete l’uso di un termine dotto come ipotiposi mi permette di esprimermi in modo più pertinente, senza lungaggini e digressioni.
A monte dello stile si colloca il testo.
Il testo fa lo stile, esige una terminologia peculiare. Ci sono argomenti per i quali gli studiosi hanno coniato termini specialistici (un lessico) e questo lessico va impiegato nella comunicazione, posto ovviamente che il lettore sia interessato all’argomento.
Ma c’è un ma:
fin troppo spesso il lessico, soprattutto quello settoriale (e non penso soltanto alle discipline scientifiche ma anche a quelle umanistiche, che sono piuttosto il mio campo) diventa un linguaggio chiuso per pochi iniziati, quello che si definisce un gergo: parliamo di gergo militare, studentesco, borsistico, medico, informatico e tanti altri. Il gergo diviene un mezzo di autocompiacimento, ci si riconosce all’interno di un gruppo e ci si vanta di farne parte. E anch’io qualche volta cado nella trappola!
Mi immagino quindi che una parte dei lettori del Litorale leggendo i titoli dei miei articoli o anche semplicemente il mio nome, passi oltre e cerchi argomenti meno impegnativi e più divertenti. Ma sono ormai anni che Il Litorale ospita due pagine dedicate al Simposio di Lavinio. E la volontà dichiarata del simposio è fare cultura.
Cultura: è un termine molto ampio, poliedrico che va dalla poesia alla storia, dalla psicologia alla botanica, da Shakespeare all’oceanografia, passando talvolta per le elucubrazioni del sottoscritto. Manzoni parlava dei suoi venticinque lettori (sublime ironia) Il mio pubblico si riduce probabilmente a poche unità. Ma l’ambizione di chi scrive non è solo quella del successo editoriale ma anche la volontà di ampliare l’orizzonte dei lettori proponendo cose nuove o rivisitando cose antiche. E se per far ciò è indispensabile servirsi di termini complessi, in parte astrusi, ben venga: avrò contribuito ad ampliare il lessico dei miei tre o quattro sostenitori.
In conclusione: il lessico (e con lui lo stile) sono una filiazione diretta del testo. Il testo è l’unico elemento tangibile, lo stile è soggettivo nel suo uso e nella sua comprensione. Questo legame indissolubile fra testo e modo di esprimersi implica non solo che è necessario padroneggiare un certo lessico per comprendere determinati argomenti ma che l’uso di un certo lessico amplia le facoltà cognitive, le modella e suggerisce nuovi punti di vista.
Della semiotica generativa di A. J. Greimas, uno degli aspetti più interessanti è proprio l’attenzione che viene portata al testo anziché allo studio della semantica o della stilistica. Ma qui l’argomento diventa troppo complesso perfino per il più agguerrito dei miei lettori. Forse, in una prossima conferenza… se avrete la pazienza e la costanza di starmi a sentire.
CURIOSITÀ NELLA POESIA/32
di Sergio Bedeschi
ALLORA, ANDIAMO A CAPO OPPURE NO? /3
E LA MUSICA DOVE LA METTIAMO?
E in questo modo vedi dove siamo finiti? Siamo finiti a parlare della musica. Era inevitabile. Una cosa un po’ troppo grossa per noi, questo è vero. Ma importante per farci ricordare di come la musica e la poesia siano state spesso vicine, anzi vicinissime. Anzi spesso non poteva esserci l’una senza l’altra. In fin dei conti tutto il Monteverdi e poi il Metastasio e forse tutta la storia della Musica Lirica si spiega così. È vero anche però che poesia e musica, pur avendo viaggiato assieme per lunghi periodi, si siano poi separate a seconda di come tirava il vento, con cicli periodici comandati dalla moda, dai canoni, dalle diverse scuole di pensiero e di stile. Come si può dire stia accadendo nell’era moderna.
Sia come sia la faccenda di “andare a capo” su cui stiamo dibattendo è sicuramente un fatto legato alla ricerca di quella musicalità. È inutile che io vi nasconda che in queste mie note ho fatto un po’ quel che volevo, invero talvolta con poco rispetto del materiale che ricevevo o mi procuravo. Ma vi assicuro che questo è avvenuto per miserevoli esigenze di spazi editoriali che si devono rispettare. Per cui non prendete come riferimento il mio comportamento. E anzi mi perdonino quei poeti che non ho mandato a capo come avrei dovuto magari concentrando in una riga ciò che andava scritto in due righe e mandando a farsi friggere le magiche pause o la musicalità. Senza contare che c’è chi mi ha dato una mano già in partenza, mandandomi i suoi lavori già organizzati con un trattino di sospensione in luogo dell’andare a capo. La qual cosa risulta inaccettabile ed orribile per qualunque poeta che si rispetti.
LA COPPA DEI CAMPIONI
L’esempio dell’amico poeta e scultore Pino Pieri (di cui si parla anche in altri punti di questo lavoro) è indicativo e lodevole. Per cui la sua poesia la riporto così come me l’ha mandata, lui che di certo conosce gli obblighi editoriali. Un bel pretesto per rimettere in campo lo Sport in questa composizione in cui la trionfante vittoria nella Coppa dei Campioni di Calcio (così si chiamava una volta la Champions League) nasconde un’accorata delusione di fronte a un mondo esteriore e mortificante.
Questa notte - un grido di gioia - esce da bocche -
assetate di goal. - Poi corse sfrenate - schiacciando i claxon - per far risuonare -
l'entusiasmo vissuto.
- Non importa se qualcuno è
ammalato, - o un altro - è sul
letto che muore; - l'importante è - che abbiamo vinto la coppa, - e per questo - siamo i veri
campioni. - Peccato che -
nell'euforia della vittoria, -
ci si dimentica - che il pallone è rotondo - e che ad ogni
rimbalzo, - rimbalzano denari. - Allora mi chiedo: - ma
"L'uomo sapiens" - è davvero esistito? - Oppure il sapiente, è l'uomo del goal. - a ciascuno la sua... - personale... - risposta
E chiudiamo con questa immagine di una madre col suo bimbo che è solo un esempio della dolcezza e della rotondità (e quindi della musicalità) con cui l’amico Pieri permea i suoi capolavori.