Il rilascio di Patrick Zaki un atto di generosità speso male
Niente grazie
Sono centinaia le persone che ogni giorno subiscono i soprusi dei governi in tutto il mondo, Tanti sono gli italiani che cadono nelle maglie della giustizia dei paesi in cui si trovano. Katia Anedda documenta nel suo libro inchiesta che sono 2.024 i cittadini con passaporto italiano che risultano “dimenticati” nelle prigioni di tanti paesi esteri. Italiani che non si chiamano Patrick Zaki, che italiano non è e che si fa capire in Italia parlando inglese. Quando un cittadino riconquista il bene piu sacro che è la condizione di libertà tutti devono condividerne la gioia. Sono quindi contento che Zaki sia stato graziato. Quello che non condivido è la mistificazione e l’ inopportunità del contesto, specialmente quando queste sono costruite ad arte e per ragioni politiche. Il problema di Patrick Zaki è stato creato, alimentato e gestito in modo esagerato ed inopportuno. Partiamo dai fatti: Zaki è un cittadino egiziano, nato in Egitto nel 1991 che si è laureato nell’Università tedesca del Cairo in Farmacia. E’ un attivista politico, ha partecipato alla campagna elettorale per l’elezione di un candidato di opposizione all’attuale governo egiziano e fa parte dell’associazione per la difesa dei diritti umani in Egitto, dove la concezione di potere politico e di democrazia hanno il significato che essi normalmente hanno nei regimi dittatoriali. Nel 2019 Patrick Zaki riesce a partecipare ad un corso universitario presso l’Università di Bologna e si trasferisce temporaneamente in Italia, per tornare successivamente nel suo paese per una breve vacanza, durante la quale viene arrestato per problemi che riguardano la sua attività politica. Un fatto del tutto legale in termini internazionali: un cittadino egiziano, il cui giudice naturale è egiziano, viene chiamato a rispondere di ipotesi di reati politici nel proprio paese. Che c’entra l’Italia? Forse non si va in prigione in Italia per vilipendio del Capo dello Stato, per cospirazione politica e magari per aver semplicemente alzato il braccio destro in segno di saluto? Che insegnamenti, sul piano giudiziario, può dare il nostro Paese in fatto di arresti di innocenti visto che ogni anno una media di 937 cittadini incarcerati risulteranno non colpevoli? E poi, anche considerando la relatività del concetto di giustizia in Egitto, che cosa ne sappiamo noi di quello che ha fatto Zaki? Scatta una mobilitazione che non sembra nemmeno entrare nel merito dei fatti e quella mobilitazione non scatta in Egitto ma a Bologna in Italia dove il cittadino Zaki stava seguendo un corso universitario. La mobilitazione apre un dibattito che parte del presupposto che Zaki sia innocente e che l’Italia deve impegnarsi a liberarlo. Inopportunità. Perché il cittadino egiziano Zaki era chiamato dal suo giudice a rispondere di ipotesi di reati commessi in Egitto e mistificazione perché la mobilitazione, e cioè quelle decine di giovani con i cartelli “Zaki libero”, era orchestrata dai centri sociali ed attivisti politici di Bologna e quindi strumentale piu che opportuna e giusta. Anche i governi sono alla continua la ricerca del consenso e la presidente del Consiglio, nell’incontro col presidente egiziano al-Sisi, tra un affare di import-export e una fornitura di materiali, invece di chiedergli ragione dell’assassinio di Regeni, lo ha pregato di concedere la grazia a Patrick Zaki ed il presidente ha accettato, anche perché non gli costava niente. Non gli è costato niente e gli ha dato, anzi, la possibilità di fare un atto di clemenza; mentre se avesse dovuto cedere sul vero e grande problema, quello di Giulio Regeni, avrebbe dovuto smentire il proprio servizio di intelligence e avrebbe dovuto mandare in galera qualche colonnello egiziano e non solo. I primi che Zaki ha voluto ringraziare, dopo il rilascio, sono i suoi compagni di università ed attivisti per la mobilitazione da essi messa in atto. La sua assoluta mancanza di riconoscenza si consolida con il rifiuto, concertato coi suoi legali per “opportunità politica”, di rifiutare di tornare a Bologna con un volo di Stato pagato con le tasse dei cittadini italiani. Ha preso un volo di linea per evitare di stringere la mano di chi si è speso per tirarlo fuori dai guai. Mancanza di riconoscenza? Forse ma il giovane farmacista egiziano non vuole tradire quelli che hanno orchestrato la “lotta per Zaki libero”, che hanno anticipato festeggiamenti in piazza Grande per il suo rilascio e che sono avversari politici del governo italiano. Tornerà nel suo paese per sposarsi e spero per restarci da cittadino libero. Libero per un atto di generosità non dovuto e nemmeno meritato. Ritengo che le autorità diplomatiche di questo Paese dovrebbero concentrare i loro sforzi per sciogliere nodi come quello di Chico Forti, detenuto innocente negli USA, per la giustizia verso l’italiano Regeni massacrato dai servizi segreti egiziani, per il ritorno dei terroristi condannati definitivi protetti in Francia e per i tanti altri casi di italiani detenuti senza tutele presso prigioni di altri paesi. Penso che Patrick Zaki non meritava l’intervento dell’Italia e certamente non meritava il lavoro e gli sforzi per chiederne la liberazione dopo una condanna che, secondo logica, avrebbe dovuto scontare nel suo paese. Il suo viaggio di ritorno in Italia è stato ritardato per ragioni burocratiche e Patrick Zaki ha ecumenicamente voluto rassicurare gli italiani di stare tranquilli che stava per arrivare. Forse ignorava che se lui fosse rimasto in Egitto la stragrande maggioranza degli italiani se ne sarebbe fatta una ragione.
Sergio Franchi
Mentre decine di persone sono a proceso non si comprende come andrà a finire
Quale futuro per Anzio
Sono sempre riuscito ad esorcizzare la politichetta di Anzio cercando di razionalizzare quel poco che si poteva razionalizzare restando sempre al di fuori da ogni minimo coinvolgimento specie di quelli che diventano piu pressanti in prossimità di ogni elezione amministrativa.
Ho osservato per anni decisioni e contraddizioni ma, forse perché non ho l’occhio allenato o perché i fatti amministrativi avvengono sempre lontano da occhi indiscreti, ho visto con sospetto alcuni provvedimenti ma non sono riuscito a vedere i segni delle intromissioni della malavita organizzata nel contesto dell’amministrazione comunale. Anche se segnali intimidatori non lasciano dubbi sulla sua presenza. C’è voluto un servizio della Sette, la cui consistenza in termini criminali dovrà essere decretata dalla magistratura giudicante, per mostrare imbarazzati componenti della politica di Anzio lasciarsi andare a dichiarazioni e contraddizioni che hanno lasciato i cittadini di Anzio nello stesso imbarazzo per aver eletto una classe amministrativa cosi discutibile. Voglio di nuovo rileggere il provvedimento che il Presidente della Repubblica ha siglato per allontanare quegli eletti dalle loro responsabilità e dalle loro funzioni.
Considerato che nel Comune di Anzio (Roma) gli organi elettivi sono stati rinnovati nelle consultazioni amministrative del 10 giugno 2018;
Considerato, altresì che dall’esito di approfonditi accertamenti sono emerse forme di ingerenza della criminalità organizzata che hanno esposto l’amministrazione a pressanti
condizionamenti, compromettendo il buon andamento e l’imparzialità dell’attività
comunale. Rilevato che la permeabilità dell’ente ai condizionamenti esterni della criminalità organizzata ha arrecato grave pregiudizio agli interessi della collettività e
ha determinato la perdita di credibilità dell’istituzione locale. Ritenuto che, al fine di porre rimedio alla situazione di grave inquinamento e deterioramento dell’amministrazione comunale di Anzio si rende necessario far luogo allo scioglimento del consiglio comunale e disporre il conseguente commissariamento per rimuovere tempestivamente gli effetti pregiudizievoli per l’interesse pubblico e per assicurare il risanamento dell’ente locale.
Cose gravissime sull’amministrazione di Anzio che hanno portato al suo scioglimento. Il Comune è stato oggetto del provvedimento piu estremo e dopo? Si è parlato di traffici di droga, si sono ascoltate intercettazioni imbarazzanti, si è parlato di rinvio a giudizio per 65 persone “per associazione di stampo mafioso, di narcotraffico internazionale, estorsione aggravata e detenzione illegale di arma da fuoco”. Sembra che la giustizia sugli esiti dell’operazione Tritone stia facendo il suo corso. Un processo è in atto in questi giorni presso il Tribunale di Velletri, Giudice Silvia Artuso, con la costituzione di parte civile dei Comuni di Anzio e di Nettuno. Non conosco nei dettagli tutti i capi di accusa per ogni imputato ma sono certo che nessuna delle persone a giudizio fa parte dell’amministrazione “condizionata”, “deviata”, “inquinata” e “non credibile” di Anzio. Ho seri dubbi che i consiglieri comunali fossero pusher a servizio della malavita anche se non ci posso mettere la mano sul fuoco ed allora mi pongo la domanda: quali sono i reati penali attribuibili ai vari personaggi che abbiamo visto piu o meno imbarazzati sulla Sette? Il tempo passa ed i cittadini di Anzio non riescono a capire: se la malavita organizzata ha condizionato la vita amministrativa di Anzio, chi sono coloro che si sono fatti condizionare e se il termine ha un significato nella lingua italiana in che consisteva il condizionamento ed, infine, quale il reato commesso? Sto continuando a cercare di decifrare la politica di Anzio chiedendo aiuto alla logica e spero che la logica mi dia risposte plausibili. Il tempo vola e non manca poi molto alla fine del mandato del Commissario Straordinario la quale ha il compito di “risanare” il Comune di Anzio. Mi sono piu volte posto la domanda se il risanamento sia un fatto rieducativo oppure meramente riorganizzativo ma non sono riuscito a darmi una risposta perché non trapelano, almeno nel Comune di Anzio, segni di epurazioni eccellenti, per cui si può dedurre che a fine mandato del commissario la situazione potrebbe essere quella di gattopardesca memoria: tutto come prima e, non è azzardato pensare, con gli stessi dirigenti e con la stessa classe politica se la stessa uscirà del tutto indenne da questa bruttissima storia. Ma allora perchè è stato sciolto il Comune di Anzio?
Sergio Franchi
(foto di Giuseppe Ostaggio)
Parco regionale
Il 23 gennaio scorso la riserva naturale di Tor Caldara, insieme all’area della Vignarola (Tenuta Puccini), è confluita nell’Ente pubblico regionale “Parco Regionale dei Castelli Romani” con una delibera della Giunta regionale.
Un atto che salvaguardia l’area da possibili speculazioni edilizie future e che è arrivato dopo anni di battaglie svolte dalle associazioni locali e dai consiglieri regionali del M5S. Per concludere l’iter c’è bisogno, come da richiesta ufficiale della Regione Lazio, che il Comune di Anzio, in quanto gestore uscente, effettui una ricognizione dei beni mobili e immobili e delle risorse finanziarie, funzionali alla gestione della riserva, nonché del personale addetto alla gestione tecnica. Ricognizione mai trasmessa, nonostante siano scaduti i termini.
“In questo momento, nel pieno della stagione estiva – dichiara Alessio Guain del M5S di Anzio - la Riserva di TorCaldara e i suoi dipendenti si trovano in un limbo dove il vecchio gestore non c’è più e il nuovo non può iniziare il suo operato. Abbiamo quindi sollecitato ufficialmente il Comune ad agire nel più breve tempo possibile: rispondere in maniera puntuale alla Regione Lazio per garantire una corretta gestione della riserva naturale”.
“Tor Caldara è una risorsa inestimabile del nostro litorale e un patrimonio ambientale e paesaggistico da tutelare – aggiunge il consigliere regionale Adriano Zuccalà – Il passaggio di gestione all’Ente Parco è un atto non più rinviabile, a garanzia della riserva stessa e di tutte le persone che ci lavorano. Mi unisco all’appello del M5S di Anzio affinché i commissari attualmente al governo del comune collaborino immediatamente con la Regione per concludere l’iter. La Riserva di Tor Caldara è un patrimonio di tutti, non possiamo permetterci di perderla”.
Teresa De Martino