SUL PRINCIPIO DELLE COSE
Spazio aperto alle riflessioni di tutti
RITI e METAMORFOSI
di Adriana Cosma
Mi sono trovata a fare una considerazione forse un poco superficiale, ma lo spazio è ristretto ed è solo uno spunto.
Riti di passaggio
In ogni tempo, compreso quello odierno rimane l’uso dei riti di passaggio che delineano il transito da uno status sociale ad un altro. In mille modalità differenti ed in quasi tutte le credenze e le tradizioni umane il rito di passaggio spesso viene affiancato al rito di iniziazione.
Riti di iniziazione
Questi, tuttavia, sono un “passaggio” da uno status spirituale: dalla luce alle tenebre, dalla potenza all’atto della realizzazione, dalla brutalità della materia alla trasparenza beatifica dell’incontro con il divino ecc.
Metamorfosi
Spesso queste riti pur rimanendo nel campo delle metafore, sono caratterizzati da momenti di vera metamorfosi. Rispetto al rito di passaggio, il rito d’iniziazione è maggiormente rappresentata da un percorso iniziatico più lento ed articolato.
Nella letteratura
Infiniti sono i racconti iniziatici. Un esempio è “L’Asino d’oro” di Apuleio in cui il protagonista dal suo status di persona errante si trasforma in un asino per affrontare mille peripezie “purificatrici” fino alla salvezza, rappresentata dal ritorno in forma umana dopo aver mangiato i petali di rosa della dea Iside.
Una metamorfosi simile, sempre verso la realizzazione, la si trova nel Pinocchio di Collodi; mentre, un percorso molto più complesso è quello di Dante dall’inferno al paradiso. Tutti questi percorsi sono associati in un cammino e una trasformazione, simili negli intenti e nelle difficoltà oltre che nelle modalità di redenzione. Nella metamorfosi di Kafka, il suo intento è molto diverso perché segue un indirizzo involutivo: quello dell’angoscia esistenziale. Ed infine una bellissima storia di metamorfosi che indica, pur nel nichilismo, una via di realizzazione dell’uomo che si impegna realmente per riuscirci è data dall’evoluzione che lo spirito ottiene passando attraverso i tre status metaforici indicati da Nietzsche: cammello, leone, fanciullo. L’uomo è come un cammello sottomesso in tutto alle regole morali e divine, ma può trasformarsi in un leone una creatura che comprende e reprime i vincoli della vecchia morale, liberandosene. Infine per trasformarsi in creatura libera deve tornare un fanciullo in cui l’esaltazione della energia vitale dello spirito dionisiaco gli consentirà di ricostruirsi del tutto in un uomo nuovo, in una nuova vita, in una nuova terra con differenti visioni e prospettive.
IL BUCO DELL’OZONO
di Sergio Bedeschi
LA NOSTRA FRAGILE E PICCOLA ATMOSFERA
Fino alla metà del secolo scorso continuavamo a pensare che il fragile e sottile strato di ossigeno O2 che permette la vita sulla Terra fosse l’unica formazione gassosa trattenuta dalla forza di gravità a ridosso della superficie terrestre. Fragile (anzi verrebbe da dire “volubile”, data la sua grande instabilità) perché si lega con estrema facilità ad altri elementi formando ossidi e altri composti. Sottile (davvero un modo di giocare al risparmio da parte della Natura) se solo si pensa che, a fronte del raggio del nostro pianeta di 6.400 chilometri, occupa, diradandosi via via in altezza, poco più di una ventina di chilometri (la distanza tra Torvaianica e Lavinio, tanto per intenderci). Sia come sia, all’ossigeno dobbiamo lo sviluppo della vita biologica.
L’ANCOR PIÙ FRAGILE STRISCIA DELL’OZONO
Ma l’ossigeno non è tutto. È attorno agli anni ’60 che scopriamo come, al di sopra di tale strato, stazioni un altro ossigeno però modificato O3. Uno strato ancora più sottile con spessore soltanto di qualche chilometro. Questa volta non buono per la respirazione, anzi velenoso e tossico per la vita, ma fatale per proteggerci dai temibili e mortali raggi ultravioletti. Si misura in Dobson in omaggio allo scienziato statunitense che lo istituì: impariamo questa unità di misura e possibilmente insegniamola a figli e nipoti data l’immensa importanza che avrà nei secoli a venire per la sopravvivenza della vita. Intanto quello che scopriamo di seguito è che, vuoi per ragioni naturali, vuoi perché ci mettiamo del nostro con l’inquinamento ambientale e con il riscaldamento globale, vuoi per l’azione micidiale delle bombolette spray, dei frigoriferi e dei condizionatori, quello strato tende a assottigliarsi soprattutto nelle zone polari, con preferenza in Antartide. Insomma urge fare qualcosa.
E BRAVA LA SVEZIA!
23 gennaio 1978 è la Svezia la prima, senza render conto a nessuno mette al bando gli spray e inizia una politica ambientale che suona come un monito a tutti gli abitanti del pianeta. L’effetto è contagioso: nel gennaio dell’89 entra in vigore il Protocollo di Montreal con l’adesione di quasi tutti i Paesi. Ci sarà poi nel ’97 il Protocollo di Kyoto contro il riscaldamento globale. Insomma l’Umanità pare aver preso consapevolezza delle minacce della Natura e dei guai che l’azione antropica potrebbe accelerare.
DIAMOCI UNA REGOLATA
I movimenti di opinione e di popolo ormai sono tanti e non si contano più. E se anche qualche nazione soffre del “braccino” per ragioni economiche o per qualche non condivisibile egoismo, possiamo dire che l’umanità, nel suo complesso, sembra, da qualche tempo, aver intrapreso la strada giusta verso un comportamento virtuoso. Che vi devo dire: speriamo! Qualcuno potrebbe nel frattempo aver letto da qualche parte che due mesi fa gli scienziati hanno registrato una decisa riduzione del buco dell’ozono. Si ritiene che tale fenomeno sia dovuto principalmente ai capricci periodici e ciclici che fa la Natura. Ovviamente non è il caso di cantar vittoria, ma anzi dovrebbe essere occasione per una svolta antropologica circa i nostri comportamenti. Peraltro mi chiedo, insieme a voi, se, guarda caso, questo beneficio non possa essere stato anche causato dalla ridotta attività umana alla quale siamo stati costretti in questa ultima annata per effetto del Coronavirus. Incredibile e paradossale! Chissà… Un altro argomento di riflessione…
ROMA CAPITALE D’ITALIA
Fine del potere temporale papale
9ª parte
di Francesco Bonanni
Per tutti i secoli del Primo Millennio, in un clima di notevole instabilità politica dovuta soprattutto alle così dette invasioni barbariche, il Papa ha subito una notevole pesante egemonia del Potere Imperiale. Ma alle soglie del II Millennio, non solo si è affrancato da tale condizionamento, ma rivendicando il suo ruolo di magistero spirituale derivante direttamente dalla Divinità, ha tentato per la prima volta nella storia dell’Occidente di imporsi come Autorità superiore a quella Imperiale con lo scopo dichiarato di instaurare addirittura una vera e propria Teocrazia.
All’alba del nuovo Millennio sorse la “vexata questio” tra le due massime Autorità dell’epoca che consisteva nella pretesa dell’Imperatore di aver diritto di nomina dei Vescovi, per la semplice ragione che questi, oltre a svolgere funzioni istituzionali di carattere puramente religioso, ricoprivano anche cariche propriamente politico-amministrative nel ruolo di Vescovi Conti.
Lotta per le Investiture
Viene chiamata tale disputa e comunemente descritta come una semplice “Lotta per le Investiture”in effetti è consistita in una questione che andava ben oltre la pura rivendicazione del potere esclusivo nella nomina dei Vescovi, in quanto si è trattato del primo tentativo di un capovolgimento dei rapporti di forza tra il Potere Papale e quello Imperiale. Ed è proprio in tale epoca che viene coniato il termine giuridico sconosciuto nel Diritto Romano: “Sovranità”. Tale termine si riferiva alla disputa riguardante la questione della superiorità tra i due Poteri: quello Papale o quello Imperiale. Nel Medioevo la lingua latina ancora usata aveva subito varie trasformazioni e corruzioni, per cui l’aggettivo comparativo “Superior” si era trasformato in “Superanus”da cui è derivato il termine “Sovranità”, che poi nel tempo ha assunto altro significato. Si erano, infatti, create due Scuole di pensiero, quella dei Giuristi a favore della superiorità del Potere Imperiale e l’altra a favore della superiorità del Potere Papale. Il tentativo di affermare la superiorità del Potere Religioso su quello laico era stato effettuato già nel passato ma con esito negativo. Difatti Papa Gelasio nel 494 in una epistola ad Anastasio I, Imperatore di Costantinopoli ribadì: “Due sono le Autorità che reggono principalmente il mondo: la Sacra Autorità dei Vescovi e la Potestà regale. Delle quali tanto più grave è la responsabilità dei Sacerdoti in quanto devono rendere conto a Dio di tutti gli uomini, Re compresi”.
Da questa epistola si ricava la netta distinzione tra “Auctoritas”che, avendo carattere legislativo era conseguentemente superiore, apparteneva alla Chiesa mentre la “Potestas”, con carattere meramente esecutivo e quindi inferiore, apparteneva al Sovrano.
GregorioVII
muovendosi sul solco tracciato da Papa Gelasio, in una corrispondenza con il Re d’Inghilterra, Guglielmo il Conquistatore, ribadì che il Popolo, proprio per volontà divina, deve essere governato da due Istituzioni: quella del Pontefice e quella del Sovrano. Precisando però che la prima, esistendo per legge divina, è decisamente superiore alla seconda per cui paragona quella Pontificia al Sole e quella Regia alla Luna. Già Carlo Magno si era considerato confratello del Pontefice ed entrambi Vicari di Cristo.
Al riguardo Pier Damiani, importante esponente del Movimento Riformista scrisse: «Cristo aveva in sé in maniera eminente ed indissolubilmente congiunte: la Dignità Regale e quella Sacerdotale, di modo che, nella guida del Popolo Cristiano queste due dignità devono essere unite e darsi reciproco aiuto. Il Sacerdozio è protetto dal Regno e il Regno è consolidato per mezzo della Santità del Ministero Sacerdotale. Il re è armato di spada per andare contro i nemici della Chiesa; il Sacerdote attende agli esercizi di pietà per rendere Dio favorevole al Re e al Popolo».
Nel numero precedente Giancarlo Marchesini presentando i tradizionali concerti di Cadodanno ha parlato dell’aura nell’opera d’arte e della musica.
Oggi un approfondimento… non solo musicale.
PAROLE E MUSICA
Tener bordone
di Giancarlo Marchesini
Molte sono le espressioni ormai desuete o addirittura dimenticate nella nostra lingua. Un po’ per pigrizia un po’ per ignoranza abbiamo smesso di usare modi di dire molto efficaci e che arricchiscono la qualità del nostro parlare. Chi si serve più di frasi del tipo “partire lancia in resta”? Forse proprio perché non sappiamo più che la resta è il punto della sella sul quale il cavaliere appoggiava la sua lancia prima di lanciarsi nella giostra (o nel combattimento vero e proprio). Paghiamo lo scotto (ops, questa è un’altra espressione ormai in disuso) della velocità della comunicazione e del bisogno di farsi capire dalla più grande platea possibile. E questo è il fato di un altro sintagma “tener bordone”. Se pochi ormai usano dire tener bordone, ancor di meno sono quelli che sanno che questa espressione è mutuata dalla musica. In musica il bordone è un accompagnamento di basso che ha lo scopo di seguire una melodia appoggiandola e sostenendola. Il bordone viene anche definito basso continuo o seguente. Ma all’infuori delle applicazioni musicali tener bordone significa appoggiare o sostenere le idee e i comportamenti di qualcuno. Per mancanza di fantasia o semplicemente per voglia di occhieggiare all’inglese vedo molti giornalisti parlare ormai di assist. Non sono certo io a battermi contro i neologismi o le espressioni mutuate da lingue straniere, siano essi prestiti o calchi. Abbiamo già discusso della differenza tra queste due categorie linguistiche nelle colonne dell’Osservatorio. Per rinfrescarvi la memoria ricordo soltanto che un prestito è una parola ripresa tale e quale da una lingua straniera (assist appunto) mentre un calco è l’italianizzazione di un termine che proviene da un’altra lingua (ad esempio formattare). Ma con dispiacere e apprensione debbo constatare che la frenesia delle parole straniere ci porta a dimenticare altrettante belle espressioni del nostro italiano. Certo non direi tener bordone nel caso in cui si potesse rinvenire in questa espressione una certa ironia. Ma è proprio la musica che ci insegna che tener bordone significa appoggiare o sostenere. Alla faccia di tutti quelli che predicano i loro ASSIST.
Forse sono i primi che hanno bisogno di un minimo di ”assistenza” o consulenza linguistica.