LA VIA CRUCIS
Riuscire a capire la portata di questa ‘via dolorosa’ tramandata dai Vangeli è riuscire a vedere la stessa via percorsa ogni giorno da chi soffre: un percorso scandito da tappe, ‘stazioni’ di una realtà dolorosa. Agonia nella solitudine. Tradimenti. Inique condanne. Amicizie assenti. Giustizia irresponsabile che espone alle più crudeli umiliazioni. Un aiuto può esserci per portare la pesante croce del supplizio, ma solo fino al Calvario. Avere accanto amate figure femminili, ma impotenti. E, nella solitudine profonda dell’agonia sentirsi abbandonati dal Padre. Nonostante lo strazio si può consolare il colpevole accanto che sta subendo la stessa condanna, confortare la madre disperata e chiedere all’amico devoto di sostenerla. E quando giungerà la fine … sarà la liberazione di un insostenibile pena. La carità di chi ha seguito il condannato innocente, ricomporrà con amorevole cura il corpo straziato per la sepoltura.
Questa è la14a stazione.
Ma c’è chi contempla un’altra tappa, quella che giustifica l’accettazione di questo doloroso cammino perché esemplare di una libera scelta per la libertà di tutti, una luce di speranza: la Resurrezione.
Al di là del proprio credo, è con questa ‘luce’ che auguro a tutti di illuminare la propria casa per festeggiare la Pasqua.
Giuliana
PENSO
di Ivana d’Amore
In questi giorni di isolamento collettivo, costretti a stare in casa, tutte le attività si sono fermate, siamo come immersi in una quotidianità irreale nell'attesa di autorizzazioni per tornare alla libertà di sempre.
E nel silenzio della mia stanza distesa sul letto con lo sguardo fisso al soffitto, penso ai detenuti e mai come adesso li sento ancora più vicini. Penso all’ansia che li opprime per le loro famiglie, ai figli che non potranno riabbracciare, ma allo stesso tempo penso alla polizia penitenziaria costretta a turni massacranti per mancanza di personale, ai direttori, ai medici, agli infermieri, agli educatori, psicologi e ai volontari come me e penso: chissà quando potremo ritornare in carcere a svolgere i nostri servizi?
Mi tornano in mente le immagine trasmesse nei giorni scorsi dai tg nazionali: le urla di rabbia e di dolore delle donne fuori dalle mura delle carceri di Modena, Firenze, Napoli, Bologna, Bollate, Foggia; i poliziotti in tenuta antisommossa; l'agitare dei manganelli degli agenti della polizia penitenziaria, il correre dei detenuti sui tetti degli Istituti di Pena.
La protesta è nata per le decisioni prese dal Ministro della Giustizia Bonafede: sospendere i colloqui con le famiglie e con i volontari. Si stima che siano stati coinvolti nella rivolta circa 6 mila detenuti, 12 sono morti per overdose, 40 gli agenti feriti e a Foggia16 evasi sono ancora latitanti. E nel silenzio della mia stanza, penso a ciò che non è stato o che poteva essere e penso a ciò che potremmo sperare di poter fare noi volontari con concretezza accanto all'Istituzione Penitenziaria.
Il nostro ruolo efficace è ormai da molti anni approvato dall'Ordinamento Penitenziario.
L'azione del volontariato è decisiva già dal momento dell'ascolto, della condivisione e del sostegno che si realizza durante i colloqui con i detenuti o dando sostegno alle loro famiglie. Incidendo su questi legami affettivi, si riesce non solo a ridurre gli effetti negativi della detenzione ma ad avvicinare il detenuto alla vita esterna, alla vita sociale. Addirittura, con la riforma dell'Ordinamento Penitenziario del 2 ottobre 2018, si riserva al Volontariato un ruolo inedito quale “facilitatore dell'inclusione sociale” attraverso un percorso formativo dal titolo “Volontari per le misure di comunità”. Con tale progetto - in conformità alle direttive Europee - s'intende sensibilizzare l'opinione pubblica dell’importanza verso l'accoglienza di detenuti in esecuzione penale esterna.
Il principale obiettivo è infondere nel tessuto sociale la fiducia nelle pene non detentive.
La sicurezza, non è solo: “chi sbaglia paga”, ma, al contrario, passa attraverso la possibilità del recupero del detenuto come dettato dall'art. 27 comma 3 della Costituzione Italiana: L'imputato non è considerato colpevole fino alla condanna definitiva e tra i reclusi ci possono essere degli innocenti. Inoltre, le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato ed al suo inserimento nel tessuto sociale.
Penso: avviene così nella realtà?
«AI TEMPI DEL CORONAVIRUS»
Piccola Commedia in quattro atti
di Sergio Bedeschi
CHE BELLO STAR IN CASA!
Ehi, amici! Come ve la passate? Sempre a casa, eh! Una bella scocciatura. Beh, dai! Anche una bella occasione, dopo tutto, per far qualcosa di diverso. Per esempio dare una pulita al garage o alla soffitta. Ehilà, da quanto tempo non facevi un po’ d’ordine e pulizia? Magari potresti anche risistemare i libri della tua biblioteca che tanto tempo fa avevi allineato e archiviato con cura e amore, ma che poi col tempo, prestandoli un pò di qua e un pò di là, non sai più dove trovarli. E il giardino? E bravo lui. In questo giorni neppure il giardiniere ti viene a trovare. E allora tira fuori i guanti e la tuta da lavoro e dagli sotto, che male non ti fa. E, se la schiena scricchiola un poco, lascia perdere. Non stare lì a lamentarti che c’è di peggio in giro. Oppure, ben inteso, puoi dare un aiutino in cucina, anche se non sei abituato a farlo. Ascoltami, su questo punto qui puoi riguadagnarti stima e dignità domestica, che non sai quanta. E non è tutto qui: quando su di te non si contava più, ma guarda un po’ che salta fuori uno che sa anche cucinare qualche buon piatto. E non potevi dirlo prima, brutto scemo? E i figli? E i nipoti? Beh, lì bisogna vedere se sono rimasti chiusi in casa o fuori dalle mura domestiche nel momento fatale. Perché questa è la regola: chi è dentro è dentro, chi è fuori è fuori. Di trasferimenti adesso meno se ne fanno e meglio è. Se hai nipoti e nipotini tra i piedi, allora non hai scampo: lavoro e superlavoro quotidiano sono assicurati, tra un aiuto allo studio e i giochi da tavolo o altre storielle, che va a finire che chi si diverte di più sei proprio tu.
SMART PHONE, CHE PASSIONE!
Guarda, se c’è una cosa intelligente che puoi fare (sei o non sei il capofamiglia?) è quella di limitare l’ascolto di questa benedetta televisione, che pare che al mondo ci sia rimasta solo lei. Per non dire dello Smart Phone o robe del genere che tiene tutti con la testa bassa come caproni per ore e ore. Tutti a capochino, ognuno per conto proprio che sembra una confraternita di penitenti che sta giù a pregare chissà quali preghiere, se non fosse per le stupidità, banalità e spesso volgarità che ci scambiamo. E passi pure per i saluti e le notizie essenziali, ma poi, dico io, tutte queste vignette, tutte queste battute, tutti questi video-filmini-foto… una porcheria dopo l’altra, altro che tecnologia al servizio dell’uomo! Ma si può andare avanti così? Dicono che ridere è essenziale. Sarà anche giusto! Ma almeno facciamolo a denti stretti e con un po’ di pudore, in questo periodo, visto che là fuori siamo in guerra.
EUROPEI PER MODO DI DIRE
E poi cos’è questa storia dell’orgoglio italiano e dell’Inno di Mameli cantato da tutte le terrazze? Non sarebbe questo il momento di una solidarietà europea e dunque incoraggiata dall’Inno alla Gioia di Beethoven, il quale fu ufficializzato fin dal 1972 come l’Inno della nuova Unione? Che diavolo significa questo nazionalismo in un momento come questo che mi pare anche peggio del peggior sovranismo? E poi basta col dire che abbiamo fatto bene perché abbiamo fatto come i cinesi. Loro, i cinesi, le mascherine le hanno indossate fin dalle prime ore del malanno. Noi ci abbiamo messo un mese prima di capirlo e di scoprire che le stavamo vendendo a noi stessi di contrabbando. E che, comunque, quelle poche che c’erano non c‘erano più. Coi bei risultati che abbiamo raggiunto. Si dirà che ciascuno è padrone di far quello che vuole, almeno in casa propria. E questa è pure una bella cosa. Se vale il detto che “A casa sua ognuno è Re”, allora mai come oggi ci sono stati tanti Reggenti sul pianeta Terra. Cosa che, almeno, ti da la possibilità di fare quello che ti pare. E ti sembra niente? Prendi ad esempio quelli che, in questi giorni, fanno lezione a distanza ai propri studenti. Si guardano l’un l’altro sul display di WhatsApp con un naso largo così: “Ehi, mi senti? Mi vedi? Okay, vai a pagina 256 ecc. ecc…”. Facile a dirsi. Ma provaci un po’ tu.
CASSANDRA AIUTAMI TU!
Intanto io, per conto mio, secondo i miei imperdibili vizi, sono tutto preso dal calcolo matematico per cercare di prevedere come andrà a finire. Chiaro che è una partita già persa in partenza. Intanto però un po’ mi incazzo con quello che sento in TV tutti i giorni circa le previsioni: possibile che ogni curva che sia in salita debba essere definita una curva esponenziale? Di curve in salita ne esistono infinite e tutte di diversa natura. Certo che, se i nostri matematici la prendono così alla leggera, ci sarà ben poco da poter prevedere. Se Cassandra, la quale era quello che era e che profetava dall’alto delle mura di Troia, non fu creduta, come potremmo noi dar credito ai nostri moderni profeti? Comunque fidatevi, amici, fidatevi: la curva di Gauss ci dice che andrà tutto bene. Prima o poi.
VENT’ANNI IN MINIERA
per raccontare la condizione
della sua gente
di Roberto Pedrona
MANLIO MASSOLE (1930 – 2018) insegnante di lettere storia e geografia per quindici anni nel suo paese di nascita Buggerru (CA) zona mineraria della Sardegna, ove ancora adesso non esiste famiglia che non fosse di minatori, si rende conto giorno dopo giorno di non conoscere la realtà familiare dei suoi studenti che come i loro padri dovranno essere dei futuri minatori.
POESIA COME PAROLA VIVA
Non la prosa, ma il verso della poesia concede una sintesi veloce, un’immagine rapida, pur tuttavia definitiva.
«Se poesia ci fosse, sarà nelle cose, al di fuori di me e dei miei propositi, al di fuori, anzi al di sopra, di ogni preoccupazione poetica (…). Ho rifiutato la poesia che coglie un sentimento doloroso per farne un godimento dello spirito o dell’intelletto, sentendosi diverso e superiore mediante un linguaggio tutto personale magari colto e nobile, ma sempre egoico, che trasfiguri tanto la realtà oggettiva da renderla vana. (…) La difficoltà da superare è stata la conquista della parola ingenua, corposa ed aggressiva del lessico dei minatori costellato di francesismi a ricordo di una violenta costrizione fisica e morale. Se questa difficoltà ho superato, ho detto cose