Dagli atti una domanda imbarazzante aspetta una risposta, senza fare polemica
Siamo prontissimi
La polemica non giova quando c’è una emergenza in atto, quando tutte le forze e tutte le proposte devono essere destinate a combattere il nemico comune. L’analisi dei fatti, però, deve continuare da parte dell’opinione pubblica perchè essa, oltre ad essere l’essenza della libertà democratica è anche l’unica modalità per cercare di evitare gli errori e per modificare i comportamenti. I fatti che hanno accompagnato la crisi sanitaria peggiore da oltre un secolo sono ancora tutti da analizzare e ci vorrà un distacco temporale per poterlo fare con la freddezza necessaria. Alcune considerazioni, però, non necessitano di analisi ed approfondimento.
Nel primo timido decreto legge del Governo, quello n 6 del 23 febbraio 2020, si parlava di misure di prevenzione basate sul “contenimento adeguato e proporzionato”. Nei talks televisivi si minimizzava la portata di una “forma influenzale”, si inviavano i cittadini ad andare nei ristoranti cinesi e si tacciavano di razzismo coloro che chiedevano misure drastiche. Il blocco dei voli dalla Cina si era già rivelato in tutta la sua inutilità avendo permesso l’accesso di decine di migliaia di cinesi attraverso scali intermedi. Perchè un approccio cosi cauto? Eppure il Governo aveva già deliberato che:
“Vista la dichiarazione di emergenza internazionale di salute pubblica per il coronavirus (PHEIC) dell’Organizzazione mondiale della sanità del 30 gennaio 2020;
Viste le raccomandazioni alla comunità internazionale della Organizzazione mondiale della sanità circa la necessità di applicare misure adeguate;
Considerata l’attuale situazione di diffusa crisi internazionale determinata dalla insorgenza di rischi per la pubblica e privata incolumità connessi ad agenti virali trasmissibili, che stanno interessando anche l’Italia;
Ritenuto che tale contesto di rischio, soprattutto con riferimento alla necessità di realizzare una compiuta azione di previsione e prevenzione, impone l’assunzione immediata di iniziative di carattere straordinario ed urgente, per fronteggiare adeguatamente possibili situazioni di pregiudizio per la collettività presente sul territorio nazionale;
Ritenuto, pertanto, necessario provvedere tempestivamente a porre in essere tutte le iniziative di carattere straordinario sia sul territorio nazionale che internazionale, finalizzate a fronteggiare la grave situazione internazionale determinatasi;
Tenuto conto che detta situazione di emergenza, per intensità ed estensione, non e’ fronteggiabile con mezzi e poteri ordinari;
Ritenuto, quindi, che ricorrano, nella fattispecie, i presupposti previsti dall’articolo 7, comma 1, lettera c), e dall’articolo 24, comma 1, del citato decreto legislativo n. 1 del 2018, per la dichiarazione dello stato di emergenza;
Su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri;
Delibera:
In considerazione di quanto esposto in premessa, ai sensi e per
gli effetti dell’articolo 7, comma 1, lettera c), e dell’articolo 24, comma 1, del decreto legislativo 2 gennaio 2018, n. 1, e’ dichiarato,per 6 mesi dalla data del presente provvedimento, lo stato di emergenza in conseguenza del rischio sanitario connesso all’insorgenza di patologie derivanti da agenti virali trasmissibili.
Si tratta di uno stralcio dalla Gazzetta Ufficiale N 26 del 1/2/2020 e si riferisce al Decreto del Consiglio dei Ministri del 31/1/2020.
Il Governo, che aveva dichiarato, il 31 gennaio, lo stato di emergenza nazionale per 6 mesi per il rischio sanitario connesso al Covid 19, emette il primo cauto provvedimento di contrasto all’epidemia 24 giorni dopo. Provvedimento che modificherà spesso sempre rincorrendo l’evoluzione dell’epidemia senza mai tentare di anticiparla. Perchè in quei 24 giorni, quando in Spagna, in Francia ed in Germania il virus era ancora solo un problema italiano, non si è provveduto a fare scorta di mascherine omologate e di tutti quei presidi sanitari che avrebbero potuto salvare dal contagio e dalla morte medici ed infermieri? Perchè non si sono acquistati respiratori polmonari ed attrezzature per le unità di rianimazione? Perchè non si sono approvvigionate le bombole di ossigeno necessarie? Per non si sono allestiti ospedali del tipo di quello che la Regione Lombardia ha deciso di costruire contro la decisione del Governo centrale? Perchè non lo si è fatto se si era dichiarata l’emergenza sanitaria per malattia contagiosa per sei mesi? Un Governo viene sempre giudicato per gli atti che compie; quando quegli atti sono errori che concorrono ad ingigantire un dramma epocale, il giudizio dovrà essere adeguato al danno.
Sergio Franchi
Il virus ha messo in evidenza un sistema di informazione carente
Corona-fake
Tanto è diventato il tempo per scrivere e per raccontare e poco è quello che resta da raccontare. Il mondo si è fermato e l’ordine delle priorità è cambiato. La quotidianità ha assunto un colore uniforme e scadenze, appuntamenti, impegni si annullano nel grigio di una giornata tutta da inventare. Il Covid 19 ha cambiato la nostra vita e le notizie che lo riguardano sono il sottofondo stonato di una brutta faccenda. Eppure è solo un virus e per colpire deve essere trasmesso da una persona all’altra quindi basta ridurre il tasso di socialità, basta tenersi a debita distanza dagli altri ed il maledetto patogeno non riesce a fare il salto. Se questo potesse essere infuso nelle menti di tutti gli esseri umani il mostriciattolo a forma di mina vacante sarebbe costretto ad un’innocuità assoluta. Ma ciò è impossibile in democrazia ed è anche improbabile nell’ordine mentale del popolo italiano in cui quella dei furbi è la categoria vincente. Se a questo ci aggiungiamo una gestione sgangherata ed un’informazione confusa e caotica il nostro Paese si guadagna il primato tragico di leader mondiali di Covid_19. Che la gestione della crisi sanitaria sia stata sempre rivolta all’inseguimento della sua evoluzione e mai al tentativo di prevederla, non credo possa essere confutato, ma il caos mediatico che l’hanno accompagnata ha fatto e continua a fare danni. E’ un principio essenziale, anche presso le democrazie avanzate, quello di “controllare” la comunicazione; che non vuol dire necessariamente impedire che le notizie vengano pubblicate ma significa fare in modo esse siano date da persone abilitate a farlo. “Non bisogna limitare troppo i movimenti della gente, questo è un virus influenzale; è poco più di una comune influenza” questo diceva un’ illustre ricercatrice italiana che, per convincere gli scettici aggiungeva che solo nel 2018-19 “oltre 8000 sono i morti per l’influenza normale”. Quindi se è poco piu di un’influenza si può prendere l’aperitivo ai bar dei Navigli, si possono fare feste al centro anziani o sfilate di Carnevale. Poi l’escalation: tutte le trasmissioni televisive vengono riconvertite al Covid 19 e tutti i conduttori si gettano alla ricerca dell’ infettivologo, del virologo, dell’epidemiologo, dell’anestesista da intervistare. Primari, direttori ma anche portatori d’acqua della scienza di cimentano in una ridda di opinioni: “il virus muore dopo pochi secondi” oppure “può restare sulle superfici per 9 giorni”; “bisogna stare ad una distanza di un metro e ottanta” anzi “la distanza di sicurezza è di un metro”, anzi “alla lunghezza di un braccio”; “le mascherine non servono ai cittadini ma devono essere usati dagli operatori sanitari” che è una dichiarazione con una logica tutta speciale. Se ne sentono di cotte e di crude ed, ogni giorno, lo scienziato di turno ci racconta che del Covid 19 non si sa quasi niente e poi si dilunga in raccomandazioni dettagliate infarcite di condizionali. Che la classe medica sia diventata l’icona di questo spicchio di storia non c’è dubbio ma sono convinto che a rappresentarla, con spirito eroico ed abnegazione, non siano i soloni che passano intere giornate in TV ma il personale che opera nelle corsie, le nuove trincee in cui non pochi ci lasciano la vita.
Sergio Franchi