Vincitore del premio letterario “Letteratura Contemporanea”
Alessio Miglietta
Intervista ad Alessio Miglietta, autore nato a Roma nel 1984, fresco vincitore del premio letterario “Letteratura Italiana Contemporanea 2023”.
- Come nasce questa passione per la scrittura?
“Più che una passione, la scrittura è una scelta oltre che una necessità, e nasce da diverse fonti. Per alcuni tratti, deriva da una personale inclinazione fin dalla tenera età. Alcune sfumature sono state ispirate da autori che ritengo fondamentali, e che ho scoperto nel corso della vita. Altri aspetti invece, si sono sviluppati attraverso esperienze individuali significative, nel bene o nel male, andando quindi a riempire il bagaglio emotivo”.
- Quanti libri ha pubblicato finora? Che tipo di autore si definisce?
“Dai primi passi nel mondo editoriale nel 2011, ho proposto al pubblico Cieli di Valium, una raccolta di racconti, o concept album, sull’amore e sulla ricerca di una straordinaria normalità.
Successivamente, il romanzo introspettivo Grunge (1984), che quest’anno compie il decennale dall’uscita, attualissimo soprattutto per le nuove generazioni, oltre che per la mia. L’ultima recente uscita si intitola Requiem di Vite e Amori, una raccolta di poesie ispirate ai Fiori del Male di Charles Baudelaire, tenuta nel cassetto per una manciata di anni ma che poi ho deciso di pubblicare. Testi che hanno ricevuto elogi (per quanto possibile, vista la pochissima visibilità concessa agli autori non-famosi) e apprezzamento dai lettori”.
- Quali sono i suoi artisti di riferimento?
“Gli autori che hanno avuto un impatto significativo sulla mia visione del mondo e sulla mia scrittura sono senz’altro Charles Baudelaire, che con la sua poesia decadente e malinconica mi ha ispirato a esplorare i recessi più oscuri della mente umana, e ad affrontare l’amore tormentato, la perdita, la fragilità dell’esistenza e la costante ricerca della bellezza, insegnandomi a scavare a fondo nelle emozioni e a trovare la poesia anche nelle situazioni più dolorose.
A seguire Hermann Hesse, che con il suo stile intenso e profondo mi ha sempre portato a compiere riflessioni sulla ricerca di sé stessi, l’importanza della spiritualità per il nostro benessere interiore e sulla ricerca di significato nel caos della vita.
Poi sicuramente Jean-Paul Sartre, che con la sua filosofia esistenzialista mi ha accompagnato nell’esplorare la libertà, l’autenticità e la responsabilità individuale, quindi la profonda connessione tra azioni e conseguenze che mi “costringe” a riflettere sul significato di ogni passo e sulla possibilità di creare il mio destino.
Infine Charles Bukowski, che con la sua prosa cruda e schietta mi ha insegnato l’importanza della sincerità e nella scrittura. Le sue storie di solitudine e disillusione mi hanno mostrato la bellezza e la poesia nascoste nelle esperienze umane più comuni, e spesso ignorate”.
- Che progetto è REQUIEM DI VITE E AMORI? Perché scrivere poesia ancora oggi, oltretutto in maniera sperimentale?
“Requiem di Vite e Amori è ispirato dai Poeti Maledetti, ma è allo stesso tempo trainato dall’innovazione e dal desiderio di rompere con i confini tradizionali; è infatti molto diverso dalle altre raccolte, sia per forma che per contenuti. Scrivere poesia oggi è quasi un azzardo, ma ha ancora molteplici significati, nonostante lo scorrere del tempo e l’avanzare della tecnologia. La poesia mantiene la sua rilevanza perché permette di esprimere sentimenti ed emozioni in modo evocativo, offrendo l’opportunità di riflettere su sé stessi, sul mondo circostante e sulla condizione umana. Concetti che stiamo man mano perdendo. Può rappresentare una voce di resistenza e di critica nei confronti della società e delle ingiustizie, sfidando le convenzioni e i canoni letterari esistenti.
Requiem di Vite e Amori in questo senso punta all’evoluzione artistica, all’esplorazione del linguaggio, per ampliare il potenziale del messaggio e sfidare le aspettative del lettore, spingendolo a scoprire nuove interpretazioni e significati. Questa “provocazione” può essere stimolante sia per il lettore che per l’autore. Può essere uno specchio delle complessità e delle contraddizioni del mondo contemporaneo, e allo stesso modo espandere temi moderni e questioni sociali, offrendo una lente attraverso cui esaminare la realtà in modi inaspettati, e con nuove prospettive”.
- Di cosa parla GRUNGE (1984)? Qual è il bilancio dei primi dieci anni di questo particolare romanzo?
“L’ho sempre definito un trattato sull’esistenza umana applicato al rock, dallo stile asciutto, violento, romantico e malinconico. Non è una biografia dei Nirvana e non vuole esserlo, riprende semplicemente il concetto del non ho mai fallito nel provare dolore, fondamento del genere musicale grunge negli anni novanta. È un viaggio che conduce a un progressivo annichilimento e rinascita mentre si percorre una strada di eccessi e sregolatezze, con la volontà di risvegliarsi da un coma profondo.
È un’epica vendetta contro la società diventata alienante, una deliberata profanazione di valori e convenzioni, un dissenso verso un mondo incapace di essere attento alle voci, per così dire, silenziate. Ho cercato soprattutto un forte parallelismo con la musica, l’elemento dominante, con cui guarire le ferite.
Ho quindi voluto provare a ricreare l’energia, la sensibilità, l’impetuosità e la malinconia del grunge con carta e penna, tenendo le chitarre nelle custodie, e usando il battito cardiaco al posto delle potenti percussioni. E anche il titolo riporta a questo.
C’è sicuramente la soddisfazione di aver creato un testo di spessore, come è stato definito, che sia o meno un best seller in realtà per me non fa alcuna differenza. Non ho mai cercato la fama, ma essere un autore per così dire di nicchia mi dà ad ogni modo grandissima forza. Vuol dire non essersi venduti l’anima al diavolo, e questo per me è motivo di orgoglio.
Pur venendo dal nulla e senza alcun aggancio o conoscenza illustre a spingermi in campo editoriale, speravo che scrivere bene fosse sufficiente a farsi un nome, e che un testo come Grunge (1984) con la sua complessità e potenza ovviasse a queste mancanze “politiche”. Ma è davvero complicato farsi strada, perché se non sei un autore già affermato o un personaggio noto non esisti, se non sei un fenomeno social non esisti, se non vendi un milione di copie non esisti. O peggio ancora, se non esci da un talent non esisti. Non conta quasi più il contenuto, il talento, l’unicità di un autore. E infatti da svariato tempo, questa mentalità in Italia ci penalizza in termini di originalità degli artisti e di valore artistico”.
- Ha recentemente vinto un premio come autore, il Letteratura Italiana Contemporanea 2023. Hai dei nuovi progetti in corso?
“Senz’altro continuare a creare opere di qualità e fuori dai soliti schemi. Aver vinto un premio letterario ha sicuramente alimentato la fiducia, soprattutto per il mio ultimo lavoro, un progetto enorme intitolato Poema Nero, che ho coltivato e curato da nove anni a questa parte. Da un punto di vista pratico sembra un’autentica follia al giorno d’oggi scrivere un vero e proprio poema allegorico-didascalico interamente in endecasillabi, e completamente in rima. È stato definito un progetto audace e straordinario, che andrebbe mostrato alle università, non solo in libreria. Posso dire che è un arcobaleno d’acciaio che traccia un intero periodo di vita, un’evoluzione a livello personale e universale, una particolare visione del mondo anche incrociando il periodo legato al covid e al lockdown, per una potenziale resurrezione dal dolore”.
S.Me.
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