Dal libro “Pomezia-Origini-genti-personaggi” realizzato nel 1990 dal professor Antonio Sessa ed edito dalla Angelo Capriotti Editore
Le prime elezioni libere al Comune di Pomezia
“In quell’estate del 1944 - ricorda Dario Blancodini - si formò spontaneamente un Comitato di Liberazione, espressione di tutti i partiti democratici”.
Il farmacista Giuseppe Natale, ancora Commissario Prefettizio del Comune, era rientrato in sede alla fine di giugno e aveva i suoi uffici sistemati alla meno peggio nell’exGIL; che oggi ospita la scuola elementare; si trattava di locali non occupati dagli sfollati che si erano insediati ovunque, perfino nell’aula consiliare. Il prefetto di Roma, su segnalazione del Comitato di Liberazione- che vide fra i suoi esponenti Antonio Terrinoni, Adelio Boattini, i fratelli Antonio e Mario Locatelli, Giacomo Soldati, Salvatore Ventrone, Rocco Santinelli, Cesare Brina, Federico Attenni, Metello Monti, Giuseppe Mugnaini, Poliuto Carnosi- indicò in Dario Blancodini il primo Sindaco di Pomezia.
La giunta era così composta: Dario Blancodini, Sindaco; Giacomo Soldati, Assessore effettivo; Giuseppe Mugnaini, Assessore effettivo; Francesco Tenti, Assessore supplente.
Era il 23 maggio 1945 e questa giunta rimase in carica fino al 18 marzo 1946.
“Fu un anno terribile - ricorda Dario Blancodini - per me e tutta la popolazione. Io contemporaneamente facevo il Sindaco e l’insegnante elementare; i problemi che dovevo risolvere insieme alla giunta erano enormi. La scuola venne aperta subito; avevamo cinque classi miste con pochi alunni. Ricordo di quel periodo la bravissima insegnante Isolina Camosi De Giorgio e la bidella di Pratica Elena Foco Navisse. Dipendevamo dal Circolo Didattico di Nettuno; la scuola era alloggiata al piano terra dell’ex-GIL. All’inizio non avevamo i banchi; li costruimmo in classe in maniera rudimentale, con le relative sedie, utilizzando i mattoni delle macerie della torre. Il paese era rimasto quello inaugurato dal Duce in quanto, a causa della guerra, non aveva avuto il tempo di crescere. Via Virgilio si fermava all’angolo di via Palladio Rutilio e anche in via Roma vi erano poche case. In tutto, l’abitato era contenuto nel raggio di cento metri dalla piazza. Il Comune fu sistemato al piano superiore dell’ex-Cl L. Avevamo tre vigili urbani: Visani, De Franceschi e Porcelli di Ardea. Gli edifici pubblici erano pieni di sfollati; nel centro gli abitanti superavano a stento le duecento persone. Tutto il territorio comunale, compresa naturalmente Ardea, superava appena i 4.000 abitanti. Il Comune non aveva mezzi propri e io, per visitare il territorio comunale, mi facevo accompagnare dal maresciallo dei carabinieri di Pomezia Silla Tommassini , con la camionetta in loro dotazione. Nella caserma di via Roma la forza dell’Arma era formata dal maresciallo e da quattro carabinieri a cavallo. Appena nominato Sindaco feci sgombrare la piazza dalle macerie della torre e per il relativo trasporto fu noleggiato un carro di Alessandro Giovannelli. Resi funzionali le scuole, dotandole dei banchi; feci costruire un pozzo per rifornire d’acqua la popolazione, che con la distruzione della torre cisterna comunale ne era rimasta senza. Il pozzo, profondo 33 metri circa, si trovava dove adesso è il distretto scolastico, dietro il Comune. Feci il Sindaco più per una scelta morale, data la grave situazione in cui si trovava Pomezia, che per una effettiva valutazione politica. Infatti, dopo questa esperienza non ho svolto alcuna attività politica attiva; mi sentivo, insomma, più insegnante che politico. Nella mia qualità di maestro elementare sono andato in pensione nel 1981 e posso dire di avere educato più di una generazione di nostri cittadini”.
1946 - Prime elezioni amministrative
A Blancodini successe, il 19 marzo 1946, il Commissario Prefettizio Ennio D’Antoni, che gestì le prime elezioni democratiche amministrative del nostro Comune. Si votò con il sistema maggioritario e in questo primo appuntamento elettorale, svoltosi nel marzo del 1946, si fronteggiarono due liste: una denominata “Vanga e Stella” in cui si presentarono comunisti, socialisti e laici; l’altra, “Tre Spighe”, prettamente democristiana rinforzata con simpatizzanti di destra. La campagna elettorale procedette tranquillamente, anche se vi furono piccole scaramucce, per lo più verbali; ma fu solo l’avvio di quello che si verificò poco dopo, in occasione delle elezioni politiche del 1948.
La lista “Vanga e Stella” aveva un suo tradizionale elettorato di sinistra fra gli abitanti di Tor San Lorenzo e Ardea, che non avevano dimenticato le lotte per la terra prima dell’avvento del fascismo; d’altronde in precedenza avevano appartenuto a un Comune tradizionalmente rosso, Genzano. Anche molti coloni romagnoli, di antica tradizione socialista, si aggregarono alla lista locale di sinistra.
La lista delle “Tre Spighe” poté subito contare su un forte nucleo democristiano che aveva la sua roccaforte a Pratica; era appoggiata dai coloni italiani provenienti dall’estero (Francia, Iugoslavia, Romania) che, rientrati da altre nazioni, avevano conservato un forte spirito nazionalistico. Votarono in due seggi, uno a Pomezia l’altro ad Ardea, poco più di un migliaio di elettori; la lista di sinistra vinse, seppure per pochi voti di scarto.
Il 6 aprile 1946 si insediò il primo consiglio comunale composto dai seguenti membri: Wilfredo Tarantini, Giuseppe Mugnaini, Giuseppe Castigliani, Gottardo Casadei, Aldo Monti, Mariano Ceccarini, Francesco Tenti, Giovanni Facioni, Dino Appini, Ottavio Piscitelli, Federico Attenni, Luigi Aldrighetti, Gustavo Nardi, Giuseppe Gentile, Salvatore Ventrone, Alfredo Cappelletti, Arnaldo Belardi, Giacomo Soldati, Adolfo D’Amario, Cesare Brina.
Nella stessa seduta del 6 aprile vennero nominati: Dino Appini, Sindaco (18 voti a favore e una scheda bianca); Wilfredo Tarantini, assessore effettivo vice Sindaco; Giuseppe Mugnaini, assessore effettivo; Cesare Brina, assessore effettivo; Federico Attenni, assessore effettivo; Mariano Ceccarini e Arnaldo Belardi, assessori supplenti.
Dino Appini, comunista, fu dunque il primo Sindaco eletto dal popolo. Abitante ad Ardea, dove è deceduto nel 1972, aveva sposato Lorenza Liofreddi, componente di una delle famiglie dei “dodici cittadini”. Appini era arrivato nel 1936 dalla nativa Ferrara e aveva svolto il lavoro di operaio compressorista e rullista con la ditta “Cereda “; nel dopoguerra si ea dedicato all’agricoltura.
Non si era ancora spento l’eco delle elezioni amministrative, che i pometini dovettero ritornare alle urne. Il 2 giugno 1946 si svolse, infatti, il referendum monarchia-repubblica.
“Nel nostro Comune vinse la monarchia per pochissimi voti - ricorda Visani-; ebbe un peso determinante il seggio di Pomezia, dove la presenza della famiglia Borghese a Pratica e il voto di molti coloni provenienti dall’ estero portarono molte preferenze alla casa reale”.
Alla fine del 1946 la popolazione residente era di 4.266 unità.
Le politiche del 1948
Lo scontro duro avvenne con le elezioni politiche del 18 aprile 1948. Anche a Pomezia, come in tutta Italia, la competizione fu accesissima. Soprattutto da Genzano, comunisti e socialisti venivano a far propaganda e a dar manforte alla giunta di sinistra di Pomezia. Anche le neonate sezioni locali della D.C. e del M.S.I. lavoravano con impegno. Risultava molto attiva, in quel periodo, anche la sezione dell’Uomo Qualunque, sotto la direzione di un certo Botta; la sede era posta accanto a Mincione sotto i portici in piazza Indipendenza. Durante la campagna elettorale vi fu anche un tentativo di incendio doloso alla porta della sezione, presumibilmente da parte di avversari politici; questo per capire che il clima, in quei giorni, non era certo dei più tranquilli.
“Nel 1948, durante le elezioni - rammenta don Cucuzza -, la lotta politica fu così aspra che un capo dei comunisti locali mi promise che, in caso di loro vittoria, mi avrebbero appeso all’albero di piazza Indipendenza. Per fortuna vinse la Democrazia Cristiana e mi ricordo che anche a Pomezia la lista più votata fu quella dello scudocrociato”.
A.S.