Il boom delle bollette ha una ragione tutta italiana
Decrescita felice
Non so se vi sarà mai una super Corte dei Conti che andrà a calcolare tutti i danni economici che l’avvento al Governo del Movimento 5 Stelle ha causato a questo Paese, forse no ma sono certo che il giudizio politico sarà inesorabile.
Per fortuna la gran parte delle promesse non sono state mantenute ma le uniche due che sono state attuate costituiscono un fallimento completo: il reddito di cittadinanza e la guerra alla trivellazione nell’Adriatico si stanno sempre piu rivelando due iniziative iniqui e dannose per l’economia italiana.
E’ fuori dubbio che in ogni paese occidentale e non solo esiste qualche forma di sussidio per i piu poveri ma in nessuna nazione esso viene contrabbandato come un mezzo per promuovere il lavoro e non viene concesso a cani e porci come da noi.
La ripresa che accompagna quella che speriamo sia la fase finale della pandemia sta causando un fenomeno fortemente inflattivo e penalizzante per la popolazione: l’enorme aumento di prezzo delle fonti energetiche e delle bollette di energia elettrica e gas e dei prodotti ad esse legati.
Questo onere generalizzato, ma che in Italia paghiamo piu di altri, non potrà non concorrere al rallentamento della produzione con i prodotti che saranno piu cari per l’aumento di costo dell’energia per produrli. Un solo esempio: il prezzo del metano in Italia è salito molto oltre quello dei Paesi concorrenti. Perchè l’Italia non estrae il metano, che resta il meno inquinante dei combustibili fossili. dai grandi giacimenti di gas di cui potrebbe disporre?
L’Italia importa il 95,4% del metano necessario e lo acquista dalla Russia, Algeria, Libia, Olanda e Norvegia e lo paga dai 50 ai 70 cent al mc mentre potrebbe produrlo a circa 5 cent al mc e senza quell’enorme spreco e conseguente inquinamento che viene prodotto nel suo trasporto da luoghi lontani e con gasdotti colabrodo. Nei fondali dell’adriatico riposano indisturbati almeno 90 miliardi di metri cubi di ottimo metano, il più formidabile nemico del carbone, il nemico numero uno alla Cop26 di Glasgow e decine di volte più riscaldante.
Il Piano per la transizione energetica sostenibile per le aree idonee, introdotto dal Governo Conte 1, definito ufficialmente come piano regolatore delle trivelle si è rivelato come lo strumento per bloccare lo sfruttamento dei giacimenti da parte Italiana.
E si, perchè, come per le fatidiche due cannucce nel bicchiere, dallo stesso mare e dagli stessi giacimenti dove non succhia piu l’Italia, continua bellamente a succhiare la Croazia e la Grecia prepara la sua cannuccia per mettersi a succhiare metano.
Sta di fatto che mentre in Italia, in questi giorni, il prezzo del metano viaggia oltre i 90 cent il mc, nella vicina Croazia il metano viene venduto a circa 28-30 cent il mc.
Con l’aggiunta che quello che viene venduto in Italia viene da migliaia di chilometri di distanza mentre quello croato è a chilometri zero.
C’è da precisare che le unità di trivellazione non devono essere costruite, esse sono già esistenti e devono solo essere riattivate mentre quelle croate, tutte rigorosamente made in Italy, sono attivissime.
Forse qualcosa dovrà cambiare e subito, nel frattempo coloro che hanno contribuito a mandare al governo del Paese forze che hanno come obiettivo la decrescita felice non hanno da meravigliarsi.
Quelle forze ce la stanno mettendo tutta e se poi la bolletta costa il doppio, è un fatto positivo: è il prezzo da pagare per un regresso programmato.
Sergio Franchi
La lunga battaglia per la poltrona del Quirinale tra compromessi ed intrallazzi
Liberarsi di Draghi
L’uomo che aspira all’eternità non sa come passare la domenica pomeriggio; è come dire che un popolo di eroi, di santi e di navigatori non sa trovare una persona capace di governarlo. Sembra proprio così: una classe politica priva di visione ed in mano ad un manipolo di dilettanti incapaci e di rimasugli di repubbliche passate è in subbuglio da mesi per cercare il modo di sopravvivere a se stessa o comunque di vivere piu a lungo possibile. Si sente affermare da tutti i commentatori ed analisti che i nostri parlamentari hanno come obiettivo primario quello di restare seduti al proprio scranno perchè a fine legislatura molti di loro torneranno a fare quello che facevano prima della pacchia e cioè poco o nulla e magari dovranno rivolgersi inutilmente al “navigator” di zona. Si fanno queste considerazioni accreditandole di una logica accettabile e comprensibile mentre esse dovrebbero essere ragione di sdegno e di vergogna. Pensare che omuncoli e donnuncole prive di capacità e di alternative continuino a fare danno al nostro Paese non può essere semplicemente giustificato col tengo famiglia. Qualcuno che voleva convincerci che uno vale uno sta ora impigliato nel groviglio per decidere che cosa fare di fronte all’unico uno che sta riuscendo a far tornare l’Italia nel novero che le compete. Insomma, questo popolo che ha libri di storia pieni di giganti sembra ridotto a disporre di un solo uomo per le due cariche più importanti del Paese: quella di Presidente della Repubblica e quella di Presidente del Consiglio dei Ministri, il capo del governo. Forse è proprio così, forse no, ma il Parlamento integrato da rappresentanti regionali dovrà votare chi sarà il prossimo Presidente della Repubblica ed a farlo saranno proprio quegli eletti dal popolo che, in buona parte, saranno fuori dal parlamento nella prossima legislatura. La logica vorrebbe che un uomo della statura internazionale di Mario Draghi diventasse Presidente della Repubblica. La logica? Quale logica? Se questo accadesse il nuovo Presidente, già anomalo perchè dovrebbe essere il Capo dello Stato di un sistema elettivo completamente mutato, dovrebbe chiudere la legislatura e convocare nuove elezioni che farebbero una strage degli attuali parlamentari sia per il ridotto numero degli eletti e sia per il mutato orientamento politico degli elettori. Allora in un Parlamento, in cui il gruppo misto dei transfughi rappresenta un partito molto consistente, è nata la teoria che “Draghi deve restare al suo posto a gestire i fondi europei”. E’ come affermare che Draghi è quell’uno unico capace di governare il Paese e ad affermarlo non sono solo i tacchini che odiano il Giorno del Ringraziamento ma anche qualche vecchio marpione che dalle nebbie di un passato non sempre adamantino e contro ogni logica etica ed politica, pretenderebbe di sedere sulla poltrona più alta, quella del Colle Quirinale. Il Presidente del Consiglio si è espresso abbastanza chiaramente durante la Conferenza di Natale nell’indicare la via del Quirinale ma non a tutti i costi.... e la resistenza ha accentuato la sua opposizione. Spero che Mario Draghi non sia così sprovveduto da cadere nella trappola di coloro che vorrebbero restasse a Palazzo Chigi e che stanno lavorando intensamente per veder prevalere la loro visione addomesticata del problema che con gli interessi dell’Italia ha veramente ben poco a che fare. Non credo di essere molto lontano dalla realtà nell’affermare che è in atto un’operazione politica per liberarsi di un uomo che non è capace di dividersi in due ma che ha evidentemente creato scompiglio decisionista e umiliante termine di riferimento per molti incapaci. Come? Poniamo il caso che Draghi decida di restare alla guida del Governo per gestire il piano di finanziamento generato dal Next Generation EU e cioè il PNRR (Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza), un piano che è ancora solo definito nei sei titoli delle missioni che si esprime solo attraverso lunghe elencazioni di piccoli e grandi progetti di implementazione. Mettiamola in termini pratici: questo piano, che è inizialmente ed ottimisticamente spalmato su sei anni, dovrà confrontarsi con l’endemica ingessatura burocratica che ha caratterizzato l’economia e la società italiana negli ultimi decenni. Esso vedrà la sua significativa fase di concretizzazione attuativa a partire dalla metà del 2023, fase in cui l’azione governativa dovrà farsi sentire per garantire i livelli realizzativi legati agli effettivi finanziamenti europei. Se diamo un occhiata al calendario, nell’ ipotesi piu conservativa, quella fase non può essere gestita dal presente Capo del Governo, perchè saranno già intervenute nuove elezioni politiche che avranno presumibilmente consacrato un governo di centro destra la cui coalizione avrà proposto alle Camere un Proprio presidente del consiglio. Mario Draghi sarebbe fuori dai giochi e verrebbe messo da parte come si fa in questi casi: con una remunerativa e prestigiosa carica in un organismo internazionale. L’unico modo in cui il prestigio e le capacità dell’ex Governatore della Banca Europea, quello del “whatever it takes”, possano continuare, nel lungo tempo di sette anni, a garantire la credibilità del sistema Italia è la sua elezione a Presidente della Repubblica. Fatto che porterebbe molto probabilmente quelle temute elezioni anticipate. L’altra opzione è solo figlia di quella politica dell’intrallazzo destinata solo a portare l’acqua al mulino di un nuovo Presidente della Repubblica espressione di una sola area politica.
Sergio Franchi