Alle prime verifiche il nuovo servizio di raccolta rifiuti
Si può fare di più
C’è chi di gestione di rifiuti e di legislazione vigente ne sa veramente poco che continua ad esultare perchè è stato rimosso l’ennesimo mucchio di immondizie dal suolo pubblico, molto spesso nelle vicinanze della propria abitazione, o perchè è stata fatta l’ennesima onerosissima bonifica che, giova sempre ricordare, viene quasi sempre ordinata dal Dirigente e finanziata in modo separato dai costi normali di gestione del servizio di raccolta. Alcuni millantano anche il merito di esserne stati i promotori; promotori, quindi di un servizio già dovuto ma pagato a parte. Quello che sfugge ad un’analisi del tutto superficiale del problema è che ad ogni raccolta di rifiuti abbandonati in strada corrisponde un atto che sottolinea il fallimento della gestione del servizio. I rifiuti vanno affidati alla ditta che ne cura la raccolta, nelle modalità previste e nei luoghi previsti. Chi auspica e si vanta di aver provocato la bonifica di rifiuti abbandonati è complice di chi li abbandona perchè contribuisce a “normalizzare” un’infrazione punibile per legge; a renderla quindi prassi corrente con tutti costi ambientali, sociali, etici ed economici che essa comporta. I rifiuti non devono arrivare sul suolo pubblico e questo, solo questo, è l’assioma dal quale non si deve derogare e la bonifica deve essere relegata a risolvere l’eccezione o l’emergenza. Quindi la ditta ha un ruolo piuttosto passivo di fronte a questo problema: il Comune di Anzio deve coprire una responsabilità, che ha accumulato in anni di cattive abitudini e disservizi, con persone particolarmente capaci e con la politica del rigore; persone capaci e motivate ad iniziare la gestione dei rifiuti la dove essi vengono prodotti. Se è vero che solo un abitante su due contribuisce al finanziamento del servizio attraverso la TARI è del tutto inutile gettare via denaro pubblico per l’acquisto di telecamere o normalizzare le bonifiche: il servizio fallisce. E’ dimostrato che chi non paga la tassa quasi sempre non esegue la differenziata e quindi getta i rifiuti in strada. Quindi il servizio si gestisce partendo da qui, dai controlli amministrativi presso gli occupanti delle unità immobiliari per verificarne la posizione e per far seguire provvedimenti coercitivi ove non adempienti. Qualcuno dovrebbe dire all’Assessore all’ambiente che questo è il target numero uno da affidare agli uffici interessati perchè questo non è solo un elemento fiscale ma è anche un elemento essenziale sul piano funzionale. Qualcuno deve ricordare allo stesso Assessore che se il servizio funziona male, come è accaduto finora, è sua responsabilità mettere in atto i necessari provvedimenti affinchè il servizio funzioni alla perfezione. Il nuovo contratto è ormai in piena funzione ed i raffronti sono molto difficili perchè Anzio ed in particolare i suoi quartieri, che rappresentano il 90% della popolazione residente ed il 95% di quella estiva. sono in pieno letargo invernale. Ma l’osservatore un pò piu “educato” riesce ad apprezzare elementi operativi e a rilevare segni di efficienza e di carenza. Un’ispezione attenta del territorio rivela che i mucchi di rifiuti abbandonati nelle strade dall’estate passata sono stati quasi ovunque eliminati, in alcuni marciapiedi è stata tagliata l’erba alla meno peggio che impediva il transito in sicurezza dei pedoni. La raccolta presso le abitazioni avviene con regolarità ed è prevista la raccolta periodica del verde. Al numero telefonico 06 7932891 è possibile prenotare un prelievo di rifiuti ingombranti con tempi di preavviso di 15-20 giorni, che non è proprio il massimo dell’efficienza. Insomma il servizio è iniziato senza grossi segni incoraggianti: basta solo ricordare che dopo un paio di mesi nessuno ha ancora distribuito i nuovi mastelli in sostituzione di quelli rotti, fatto importante anche ai fini di identificare chi è in regola e chi non lo è, e nessuno si è sognato di dare il via alla distribuzione delle compostiere e di dare il via alla indispensabile campagna di compostaggio domestico. Non si sono rilevati lavori di manutenzione delle caditoie e delle cunette stradali, spesso ostruite da foglie che ostacolano il flusso delle acque piovane e non si ha notizia di macchine che puliscono le strade e di lavaggio delle aree in cui sono stati abbandonati rifiuti,
Personalmente, dopo un’analisi accorta di quanto avviene, paragonato ad uno standard accettabile, resto pessimista ma pronto a ricredermi di fronte a segni di cambiamento radicale di direzione. Cambiamento innanzi tutto di volontà politica e poi di capacità manageriale due elementi che, purtroppo, non hanno dato un grande segno di se nel recente passato.
Sergio Franchi
E’ un dovere morale ricordare il sacrificio di questi giovani antifascisti
I sette fratelli Cervi
Il più bel funerale del fascismo si celebra il 25 luglio del 1943 con una grande pastasciutta offerta a tutto il paese distribuita in piazza a Campegine dalla famiglia Cervi per festeggiare.
A raccontare quella prima pasta antifascista condita con burro e formaggio è papà Alcide Cervi: “Il 25 luglio eravamo sui campi e non avevamo sentito la radio. Vengono degli amici e ci dicono che il fascismo è caduto, che Mussolini è in galera. È festa per tutti - scrive papà Cervi. È Aldo, il terzogenito, che gli fa la proposta. “Papà - gli dice - offriamo una pastasciutta a tutto il paese”. Alcide accetta. “Facciamo vari quintali di pastasciutta insieme alle altre famiglie. Le donne si mobilitano nelle case intorno alle caldaie, c’è un grande assaggiare la cottura, e il bollore suonava come una sinfonia. Ho sentito tanti discorsi sulla fine del fascismo ma la più bella parlata è stata quella della pastasciutta in bollore. Guardavo i miei ragazzi e dicevo: - Beati loro, sono giovani e vivranno in democrazia, vedranno lo Stato del popolo. Io sono vecchio e per me questa è l’ultima domenica”.
Saranno invece i suoi sette ragazzi a perdere la vita cinque mesi più tardi, il 28 dicembre, anche a causa di quella pastasciutta più potente di qualsiasi manifesto politico.
Quella mattina di 79 anni fa i sette fratelli vengono condotti al Poligono di tiro di Reggio Emilia e fucilati. Il papà Alcide, loro compagno di cella fino a quel 28 dicembre 1943, rimarrà prigioniero fino al gennaio dell’anno seguente, quando il carcere verrà bombardato dagli alleati. Tornato a casa, rimarrà ignaro di quello che era accaduto ai suoi figli per tutti i giorni della sua convalescenza.
Dirà il giorno dei funerali - che si svolgeranno il 25 ottobre del 1945, quasi due anni dopo la loro morte - “Dopo un raccolto ne viene un altro, bisogna andare avanti. I miei figli hanno sempre saputo che c’era da morire per quello che facevano e l’hanno continuato a fare, come anche il sole fa l’arco suo e non si ferma davanti alla notte. Così lo sapevano i tanti partigiani morti, e non si sono fermati davanti alla morte. E ora essi sono con noi in questa terra di Emilia dove le viti si abbracciano alle tombe, dove un lume e un marmo è la semente di ogni campo, la luce di ogni strada”.
Per il suo impegno partigiano e per quello dei suoi figli a papà Alcide sarà consegnata la medaglia d’oro realizzata dallo scultore Marino Mazzacurati, che da un lato reca l’effigie di Alcide e dall’altro un tronco di quercia tra i cui rami spezzati brillano le sette stelle dell’Orsa.
“Mi hanno sempre detto - dirà nell’occasione della consegna - Tu sei una quercia che ha cresciuto sette rami, e quelli sono stati falciati, e la quercia non è morta’. La figura è bella e qualche volta piango. Ma guardate il seme, perché la quercia morirà, e non sarà buona nemmeno per il fuoco. Se volete capire la mia famiglia, guardate il seme. Il nostro seme è l’ideale nella testa dell’uomo”.
Papà Cervi morirà nella notte tra il 26 e il 27 marzo 1970 all’ospedale di San Ilario, in provincia di Reggio Emilia.
Le sue esequie saranno un evento nazionale. Oltre 200 mila persone affolleranno le strade e la piazza dell’ultimo saluto. Gli rendono omaggio tutte le grandi personalità della politica e delle istituzioni legate alla storia antifascista, ma anche tanta, tantissima gente comune. Ferruccio Parri lo onorerà con una toccante orazione funebre.
“Alcide - aveva cessato di essere solo Alcide nel 1945, quando era arrivato papa? Cervi. Forse nessuno gli ha mai chiesto che ne pensasse di questo cambio d’anagrafe pubblico. Ma lo viveva con la stessa dignita? e la consapevolezza che gli consentiva di stare eretto davanti al dolore. La vita di papa? Cervi era iniziata a 70 anni. Quando nell’ottobre del ‘45 la storia della sua famiglia varco? per sempre la soglia dei Campirossi per diventare patrimonio pubblico. Fu un altro funerale, a far nascere papa? Cervi: la consegna delle spoglie dei suoi sette figli alla loro terra, a Campegine. Nel luogo dove sono ora, a fianco del padre, della madre, morta di crepacuore dopo l’ennesimo incendio della sua casa ad opera dei fascisti, ai quali evidentemente non era bastato ucciderle tutti i figli maschi.
Papa? Cervi nasce vecchio, con il cappello e i baffi grigi, con le rughe di vita e di fatica che ne fanno un’icona perfetta per l’Italia che cerca specchi non infranti, tra le macerie della ricostruzione. I nuovi italiani cercano luoghi, biografie, coscienze in cui trovare se stessi. Perche? la politica non basta, e nemmeno l’ideologia e la fede. Serve l’anima, per ricostruire. Serve la verita? della fatica e dell’umilta?, che solo dalla terra puo? venire. E la storia di Alcide, Genoeffa, dei suoi figli, delle loro donne e dei loro bambini, e? una storia di terra, orizzontale come la pianura dove nasce e resiste, fino alla fine. Papa? Cervi nei suoi anni di vita e? stato vestito di molte bandiere, alcune cucite apposta per lui. E? stato avvolto di molte, forse troppe, parole. Ha portato tutto con la stessa dignita? di ogni altra cosa. Come le sette medaglie sul petto dei suoi figli; come il “giube?t” con cui riceveva, a ogni ora, delegazioni ufficiali allo stesso modo delle persone qualsiasi che si fermavano a Casa Cervi”.
Una quercia che ha cresciuto sette rami alla cui ombra, in fondo, ancora cerchiamo riparo un po’ tutti noi. Nell’anniversario del sacrificio dei sette fratelli Cervi, è nostro dovere morale rinfrescare il ricordo perché la memoria è la nostra unica salvezza contro la terribile possibilità che certe atrocità figlie di orribili dittature possano ripetersi.
Roberto Alicandri